Resident Evil 4 Recensione: un remake quasi perfetto tra horror e azione

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Resident Evil 4 Recensione: un remake quasi perfetto tra horror e azione
resident evil 4 recensione: un remake quasi perfetto tra horror

Resident Evil 4 è una modernizzazione rispettosa del grande classico: ne restituisce i cardini ludici e narrativi ma non senza rinnovarli.

Giocare oggi a Resident Evil 4, quello del 2005 s’intende, è fare il tuffo in un passato glorioso, assaporare un’avventura che al tempo è stata per certi versi rivoluzionaria. Il suo valore storico è indiscutibile, e diverse delle sue sezioni restano iconiche, eppure i quasi vent’anni sulle spalle del gioco si sentono a più riprese, e sono il motivo per cui aveva senso riproporlo in versione restaurata.

Con l’idea di confezionare quella che ai nostri microfoni è stata definita “una modernizzazione rispettosa” (qui l’intervista agli sviluppatori di Resident Evil 4), il team capitanato da Yasuhiro Anpo ha lavorato con attenzione per regalarci una seconda incarnazione del classico firmato da Shinji Mikami, forte di tutte le conoscenze apprese durante la gestazione dell’eccellente rifacimento di Resident Evil 2. Il risultato di questi sforzi è un titolo che rispetta senza dubbio il materiale di partenza ma che al contempo, dove necessario, applica reinterpretazioni, opera aggiunte e tagli, o modifiche più sottili ma significative, il tutto per presentare ai fan vecchi e nuovi un’esperienza in cui horror e azione si fondono in un remake da paura.

Le differenze con l’originale

La visione creativa alla base del progetto si manifesta sin nelle primissime battute dell’indagine, mentre Leon ricorda con trasporto gli eventi di Raccoon City, i volti dei caduti e i traumi subiti. Al netto della maggior sicurezza nelle proprie capacità, merito del suo addestramento militare, e della sua malcelata spavalderia, il protagonista ha uno sguardo più spento rispetto al ragazzotto sprovveduto giunto sei anni prima nella cittadina del Midwest, e dimostra di non aver mai superato l’incubo vissuto al dipartimento di polizia.

Senza fare nessun tipo di spoiler, sappiate che gli sviluppatori hanno modificato i dialoghi tra personaggi in modo più o meno significativo, ripensato diverse scene per renderle più credibili e donato sfumature ulteriori o differenti ai comprimari, fino talvolta ad arricchirne le backstory. Nel suo oscuro cammino l’agente incontra le alte sfere del culto degli Illuminados, che pure hanno conosciuto i benefici dell’era moderna: preparatevi dunque a vederle (e disprezzarle) in un buon numero di cutscene, tra quelle rivisitate e quelle più fedeli all’originale.

Inoltre, attardarsi nelle varie zone per “studiare” le aree di gioco o reperire documenti atti a espandere la lore, vi permetterà di scoprire di più sul loro conto e di apprendere i segreti della setta, a cui Anpo-san e i suoi hanno dato maggior peso con una serie di scelte oculate. Intendiamoci: se siete appassionati di Resident Evil 4 ritroverete un racconto ben riconoscibile ma al contempo più solido, non privo di cliché da B-movie e di qualche esagerazione, eppure capace di coinvolgere maggiormente, anche grazie alla narrazione ambientale.

Ogni area del titolo del 2005 si basava su un tema specifico, ecco perché i creativi le hanno ricostruite ponendo un accento ancor più marcato su determinati elementi, trasformando delle stanze insignificanti in testimonianze murate degli orrori commessi dagli Illuminados, o rinforzando le tinte orrifiche dove necessario. Proseguendo in questo viaggio macchiato di sangue abbiamo avuto la netta impressione che gli addetti ai lavori abbiano dissezionato ciascuno degli scenari del classico, così da mantenerne i tratti più iconici e memorabili e nel mentre limare o tagliare quelli dimostratisi più cedevoli ai segni del tempo. Ad esempio, sebbene sia rimasto un coacervo di trappole e pericoli, il nuovo castello di Salazar contiene una minor quantità di meccanismi, strutture mobili e stanze “sopra le righe”, a vantaggio della piacevolezza di una progressione che però non intacca il fascino sinistro della parte centrale dell’esperienza. Sorvolando su un singolo accostamento tra due segmenti specifici, in cui si è avvertito un pizzico di pesantezza in più, abbiamo apprezzato molto il nuovo assetto dell’avventura, pensiamo all’assenza delle sequenze a base di QTE e anche a certe sezioni reinterpretate con competenza.

Gli enigmi si sono rivelati sempre gradevoli da affrontare e mai troppo complessi, in grado di spezzare la mattanza di Ganados in modo efficace, al pari di alcune possibilità offerte dai creativi di Capcom. Le guide del progetto ci hanno ricordato che il gioco originale fosse una marcia inarrestabile verso i titoli di coda, sì forte di una varietà ludica e situazionale di pregio – che infatti è stata preservata – ma anche privo di reali pause. È proprio per questo motivo che, complice l’agio dovuto alla quasi totale assenza di caricamenti, il team ha consentito a chi vuole farlo di indugiare maggiormente sul backtracking, sia per completare semplici missioni secondarie, sia per raccogliere i tesori ed esplorare appieno le ambientazioni.

Salvo alcune gradite eccezioni, gli incarichi di contorno non spiccano certamente per varietà. D’altro canto però sono sempre gestibili e non chiedono mai di investire più di qualche minuto per esser terminati, senza contare che offrono preziose ricompense in spinelli. I gioielli rossi che i fan ben conoscono si possono scambiare col mercante per ottenere parti per armi, risorse rare, skin per la valigetta con speciali benefici e oggetti utili come le mappe del tesoro.

Tra il dover eliminare versioni potenziate di nemici già sconfitti, gli incontri con ulteriori avversari nelle zone liberate in precedenza, e la caccia ai ninnoli di valore, Resident Evil 4 ci propone di permanere più a lungo nel suo mondo, senza però appesantire: nella nostra run durata circa 20 ore (abbiamo portato a termine la totalità delle missioni e raccolto quasi tutti i preziosi) non ci siamo mai sentiti obbligati a fare qualcosa che non volevamo, tanta è stata l’attenzione con cui Capcom ha implementato questi contenuti all’interno dell’avventura.

In tal senso riteniamo ci sia una sola occasione sprecata, correlata a un passaggio inedito che se opportunamente espanso avrebbe ulteriormente valorizzato quello che resta un viaggio memorabile, ben cadenzato e pieno di un’azione che non volta le spalle alla dimensione survival horror, come stiamo per vedere.

I nuovi mostri e il coltello para tutto

Non solo di ex umani è composta la setta degli Illuminados: il bestiario al servizio di Osmund Saddler ha fatto la storia di Resident Evil, e contribuito in modo determinante a rendere il quarto capitolo uno dei massimi esponenti della serie. Siamo ben felici di dirvi che difficilmente lo studio avrebbe potuto gestire meglio di così la modernizzazione dei suoi abomini. Il team di Anpo-san è riuscito a realizzare un vero e proprio survival horror d’azione e basta affrontare i Ganados per rendersene conto.

Già al livello di sfida medio, soprattutto quando non si è abituati a gestire questi scontri rinnovati, perire per mano del “bestiame” è più di una possibilità, complici il numero e l’accentuata aggressività di individui che usano armi differenti, piazzano trappole per bloccare l’agente e lo caricano con una furia inaudita. Per reagire efficacemente agli assalti, il giocatore è chiamato a padroneggiare un Leon dalle movenze fluide e naturali, ben più reattivo rispetto al legnoso protagonista dell’era GameCube, in grado perciò di spostarsi agilmente e cambiare in continuazione l’area dello scontro.

Bisogna quindi sfruttare il level design delle arene, per evitare di subire accerchiamenti e mantenere le distanze da nemici che tendono a rincorrere e a braccare Kennedy. Tra abomini inediti, come gli affabili energumeni con la faccia di toro (ne esistono di più varianti) e vecchie conoscenze capaci di far gelare il sangue nelle vene, ogni tipo di minaccia connessa alle Plagas si è rivelata insidiosa e dotata di una propria personalità ludica.

Lo stesso identico discorso possiamo farlo per i boss, che proprio come i loro sottoposti – a seconda dei casi – sono stati rivisitati o lasciati più simili alle loro incarnazioni del 2005. Gli sviluppatori spesso hanno modificato piccoli dettagli di ciascuno di questi scontri cardine, ma alle volte hanno agito in modo più incisivo, ottenendo nel complesso dei risultati apprezzabili. Qualche esempio meno luminoso d’altri c’è ma vi basti sapere che i combattimenti davvero importanti si sono dimostrati in linea con le nostre aspettative. Per respingere i suoi assalitori, Leon può ricorrere in modo più completo al suo fido coltello, che non a caso è stato bilanciato con una barra della durabilità. Le eliminazioni silenziose (sebbene l’approccio stealth non sia adottabile a lungo) e i colpi di grazia da infliggere a nemici in procinto di trasformarsi, sono soltanto alcuni dei modi per “giocare” questa utilissima carta. Col coltello infatti si possono eseguire due tipologie di attacchi differenti – uno rivolto al singolo oppositore, e l’altro ad area più ampia – ma soprattutto è possibile parare fendenti, asce volanti e perfino le appendici acuminate delle Plagas.

Intercettare una motosega con la lama non è la cosa più credibile di questo mondo sul fronte scenico, ne siamo ben consapevoli, ma è pur vero che la natura della produzione giustifica ampiamente la cosa. Tanto significativo nelle schermaglie standard quanto nelle boss fight, il coltello avanzato è uno di quegli elementi che, rigiocando al classico, si vorrebbe poter avere a disposizione.

In aggiunta, il fatto che consenta di liberarsi senza troppi problemi dalle prese dei nemici, così come di stordire gli avversari se usato al momento giusto, per permettere poi a Leon di “accarezzarli” con un calcione, ben motiva la scelta del team di potenziare l’aggressività dei cultisti e delle creature.

Le armi

Utilizzare le armi da fuoco in Resident Evil 2 non significava allentare la tensione nell’affrontare un avversario mostruoso ma al contempo restituiva ottime sensazioni per il feeling dello strumento di morte impiegato, per la sua personalità sonora e l’orrida grandiosità del gore system (per approfondire, qui la recensione di Resident Evil 2). Le fasi di shooting del quarto capitolo seguono ritmi differenti, più sostenuti, ma recuperano con attenzione tutti i principi di cui sopra. Dal rinculo alla cadenza di fuoco, fino alla ricarica, ogni diavoleria a disposizione di Leon è ben distinta dalle altre (ciò vale anche per quelle appartenenti a una stessa categoria), col giocatore che è chiamato a sperimentare fino a definire uno stile offensivo d’elezione.

La nuova AshleyLeon si reca in Spagna per salvare Ashley Graham, la figlia del presidente degli USA, e sono in molti a non ricordare con troppo affetto le fasi in cui bisognava proteggerla dai cultisti nel gioco del 2005. Capcom ha lavorato per rendere i suoi comportamenti più credibili e per farne un ingombro più “onesto”, privandola ad esempio di una barra della vita da tener d’occhio. Quando atterrata, la giovane dovrà essere aiutata a rimettersi in piedi e le si potrà chiedere di star vicino o un po’ più lontano dal protagonista. Tra le sue movenze e la presenza di questi semplici ordini, gestire Ashley nel corso degli scontri è più agevole e quando la sua cattura causa un game over si avverte molto meno la sensazione che siano state le sue azioni avventate a determinarlo. Non parliamo di una reinvenzione della ruota, sia chiaro, ma le fasi in sua compagnia si sono rivelate certamente più riuscite che in passato, merito anche di una miglior caratterizzazione e della sua utilità durante l’esplorazione degli scenari.

Sia per quanto concerne alcune sorprese di cui non parleremo, sia sul fronte delle reinterpretazioni – si pensi ad esempio al Lanciafrecce – le armi si sono sempre dimostrate appaganti. Proprio in riferimento allo strumento appena citato, i creativi hanno ben pensato di renderlo meno agevole da usare, perché per poterlo caricare con una mina, Kennedy deve di volta in volta effettuare una certa animazione: in sostanza, è ancora un giocattolino potenzialmente salvifico (come il classico Lanciamine) ma al contempo non ammette errori di valutazione. In generale, grazie alla presenza di due risorse, è possibile craftare specifici tipi di munizioni per assecondare le proprie inclinazioni battagliere, con Capcom che però ha bilanciato perfettamente la quantità di elementi sparsi per le mappe, in modo da non permetterci spargimenti di sangue scriteriati dovuti all’abbondanza di proiettili in valigetta. Soprattutto per quanto concerne la prima run, in Resident Evil 4 gli scontri non si dominano troppo facilmente, perché anche se si hanno tutti gli strumenti per prevalere, bisogna avere una giusta dose di sangue freddo per sfruttarli al meglio, con la situazione che in caso contrario potrebbe degenerare in fretta.

Oltre ai tesori maggiori arricchiti con altri minori, all’onesto mercante dovremo talvolta vendere i nostri strumenti di morte (che potranno essere anche depositati) per accedere a valigette più ampie, nuovi gingilli o migliorie decisive, con queste ultime che saranno ben evidenti in combattimento.

Dividere nemici a metà col fucile a pompa o ridurli a una groviera con la mitraglietta in pugno testimonia ancora una volta la bontà del gore system e la compiutezza di un gunplay che, in tandem con l’elevata varietà situazionale, invoglia a ripetere l’avventura dal principio, non importa se in New Game Plus o alla difficoltà Professionista (sbloccabile concludendo il gioco). In aggiunta ai premi per il completamento delle sfide, che vi conferiranno anche dei punti per ottenere bonus e gradite sorprese, lasciamo a voi il piacere di scoprire come accaparrarvi i “nostalgici” ciondoli da applicare alla valigetta, sempre connessi a determinati tipi di vantaggi. Il tutto in ogni caso contribuisce a elevare la longevità in maniera non artificiosa e in tal senso attendiamo con ansia di cimentarci anche con la già annunciata modalità Mercenari, che verrà introdotta gratuitamente post-lancio.

Grafica e sonoro da paura

Ormai i patiti di Resident Evil dovrebbero ben conoscere il RE Engine, una soluzione proprietaria i cui pregi, fortunatamente, superano di diverse lunghezze le criticità. Avventurarvi in questo mondo di gioco ricostruito significherà incappare in superfici rocciose con qualche semplificazione di troppo o in masse d’acqua dalla viscosità ben poco naturale.

Almeno su PlayStation 5 ci siamo ritrovati a dover disattivare dei filtri applicati di default, perché inficiavano la pulizia dell’immagine, e saltuariamente abbiamo potuto osservare la qualità del terreno che aumentava al nostro passaggio, in modo sin troppo vistoso. Fatte queste premesse, Resident Evil 4 offre uno spettacolo visivo in grado di colpire anche l’occhio più esigente, merito di un’ottima illuminazione, realistica sia in fasi notturne che diurne, e di personaggi espressivi e squisitamente modellati, dai protagonisti del racconto fino ai semplici nemici.

La rappresentazione di sangue e violenza è eccellente, si pensi peraltro alle mutilazioni, così come quella delle esplosioni e della nebbia. Da segnalare è anche la presenza di un’opzione attivabile nel menù, che agisce sulla qualità dei capelli e delle pellicce.

Dai sentieri boschivi nei pressi del villaggio, forti di una vegetazione che reagisce agli spostamenti del protagonista, fino ai saloni sfarzosi del castello, in cui sono ben evidenti gli effetti migliorativi del Ray Tracing in relazione ai riflessi sulle pavimentazioni, la presentazione visiva è nel complesso di alto livello e i compromessi per godersela al meglio sono assolutamente accettabili.

Difatti, sebbene sia presente un’opzione per dare precedenza alla conta dei fotogrammi, il consiglio spassionato di chi scrive resta quello di giocare in modalità qualità, che al prezzo di fluttuazioni mai troppo pesanti o fastidiose offre un frame rate elevato (al netto del Ray Tracing attivo) senza rinunciare alla risoluzione.

Le armi sono splendidamente sonorizzate, e i rumori ambientali degli scenari contribuiscono a creare un’atmosfera da brivido respirabile per buona parte dell’avventura. Dalle oscure preghiere dei cultisti, ai rantoli degli esseri più rivoltanti, abbiamo trovato il comparto audio sempre pregevole, merito anche dei pezzi che accompagnano con rinnovata efficacia le battaglie più importanti. In aggiunta alla modalità foto, che vi permetterà di sbizzarrirvi con sanguinosi attacchi d’arte, c’è anche il supporto alle feature di DualSense, che spazia dall’utilizzo dei grilletti adattivi, la cui resistenza varia in base all’arma utilizzata, sino a quello dell’altoparlante e del feedback aptico. Un’ultima nota riguarda il doppiaggio italiano, di certo apprezzabile per quanto concerne il cast di voci – soprattutto se pensiamo a un certo personaggio – ma non sempre in grado di colpire nel segno quanto quello in lingua inglese, a causa di interpretazioni talvolta slegate rispetto alle determinate situazioni vissute a schermo dai protagonisti.

Resident Evil 4 Remake
Resident Evil 4 RemakeVersione Analizzata PlayStation 5Appassionante, riconoscibile e moderno, Resident Evil 4 è l’esempio di come si fa un remake. La squadra diretta da Yasuhiro Anpo è riuscita a preservare lo spirito del materiale di partenza, reintroducendo sezioni memorabili, ambientazioni da brivido e un bestiario iconico e con ben pochi rivali. L’intera avventura però ha subito modifiche di varia natura ed entità, a volte più vistose, a volte più sottili, ma non per questo poco significative. L’indagine di Leon in Europa spinge sì l’acceleratore sulle dinamiche action ma senza tradire i cardini da survival horror della serie, merito anche del lavoro svolto in precedenza da Capcom sul secondo capitolo. Grazie a queste attenzioni, i confronti con gli abomini degli Illuminados hanno mantenuto la giusta carica di tensione e le lugubri atmosfere di alcuni scenari sono state ulteriormente impreziosite. Sempre in linea col mondo dei B-movie, anche l’intreccio gode ora di maggior solidità, a testimonianza di un processo di attualizzazione dell’esperienza che non ha lasciato nulla al caso. Un’occasione persa e piccole imperfezioni, dunque, non sono riusciti in alcun modo a ridurre la piacevolezza di quello che si è confermato un appuntamento imperdibile per i patiti della serie e del genere di riferimento.