Salt and Sacrifice Recensione: il ritorno di un grande Souls 2D

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Salt and Sacrifice Recensione: il ritorno di un grande Souls 2D
salt and sacrifice recensione: il ritorno di un grande souls

Andiamo alla scoperta di Salt and Sacrifice, il sequel di Salt and Sanctuary in arrivo su PC e console PlayStation.

La pubblicazione a cadenza regolare di prodotti ispirati in maniera più o meno importante ai giochi di FromSoftware è ormai una consuetudine, ma non è sempre stato così. Tra le prime produzioni 2D appartenenti a questo “filone”, il Salt and Sanctuary di Ska Studio mescolava alcune delle meccaniche centrali del gameplay di Dark Souls agli stilemi ludici dei metroidvania, una formula questa che gli ha permesso di conquistare il cuore di molti appassionati.

A poco più di sei anni dal debutto del gioco, il team formato da sole due persone è tornato con Salt and Sacrifice, un secondo capitolo forte di nuove contaminazioni. Dopo aver avuto un primo contatto col gioco – qui la nostra prova di Salt and Sacrifice – adesso lo abbiamo vissuto nella sua interezza e siamo pronti a rispondere a un importante interrogativo: i ragazzi di Ska Studio saranno riusciti a superarsi? Tuffiamoci in questo magico mondo a tinte fosche e scopriamolo.

Dark Souls in 2D

La trama di Salt and Sacrifice non ha legami con quella del suo predecessore e ci racconta pertanto una storia nuova di zecca. Il nostro protagonista non è esattamente uno stinco di santo, perché commette un grave crimine (la cui natura viene definita dal giocatore) e viene esiliato dalla sua terra natale. In seguito, per sfuggire all’esecuzione, decide di sacrificare la propria vita e trasformarsi in un Inquisitore, una figura che ricopre un ruolo fondamentale nel Regno di Altarstone.

È infatti l’unica a disporre del potere di tornare in vita dopo la morte e di mettere fine alla scia di distruzione lasciata dai cosiddetti Maghi, delle temibili entità dotate di abilità sovrannaturali. Per quanto la premessa narrativa sia interessante, la trama di gioco è accessoria come in molte altre produzioni appartenenti al genere.

Chiunque dovesse apprezzare il mondo di Salt and Sacrifice avrà comunque tutti gli strumenti per approfondirla, vista l’attenzione riposta nella lore: ogni singolo oggetto è dotato di una descrizione che va ad arricchire le conoscenze del giocatore e lo aiuta a comprendere meglio il contesto in maniera paragonabile a quanto accade nei titoli di Miyazaki.

Prima di cominciare la caccia però veniamo chiamati a creare il nostro eroe tramite un editor molto simile a quello di Salt and Sanctuary e a selezionare una delle tante classi disponibili, che influiscono sulla dotazione iniziale e la distribuzione dei punti nell’albero delle abilità. Scolpito il nostro reietto e completata un’introduzione in puro stile soulslike – con una dolorosa sconfitta – veniamo catapultati nell’hub centrale, dove ci viene data un’infarinatura su di una struttura di progressione che riprende un po’ quella di Demon’s Souls (ecco la recensione di Demon’s Souls). Il regno infatti non è composto da un singolo mondo aperto ma da diverse mappe da raggiungere tramite un portale situato proprio nell’hub, previa l’immissione di una precisa sequenza di rune, connessa a meccaniche che strizzano l’occhio a Monster Hunter, di cui parleremo nel dettaglio a breve. Armati di ascia e scudo (nel nostro caso abbiamo optato per il classico Guerriero), ci siamo quindi inoltrati nella prima area di gioco e, a seguito di vari scontri coi boss, abbiamo iniziato a dare la caccia ai Maghi.

Sebbene anche questi ultimi siano ascrivibili alla categoria degli avversari più potenti, il modo in cui si devono affrontare li allontana non poco dagli altri. Dopo aver accettato una quest connessa a un mago, tramite l’interazione con specifici elementi dello scenario su cui questi ha lasciato delle tracce, bisogna seguirne la scia e sconfiggere i minion che evoca lungo il percorso, così da farlo arrivare allo scontro decisivo con meno punti vita.

La battaglia contro un mago, a prescindere da chi egli sia, si conclude sempre con una soddisfacente finisher, che vede il nostro eroe avvicinarsi al boss ormai privo di forze per strappargli ferocemente il cuore, un atto questo che provoca l’apparizione della scritta “Mage devoured”. In base al numero di cuori sottratti ai potenti villain potremo sbloccare la serratura di porte dietro cui si celano taglie, aree fondamentali per proseguire nell’avventura o zone opzionali. Ciascuna delle mappe include infatti dei luoghi che non vanno esplorati obbligatoriamente per poter arrivare ai titoli di coda ma che spesso sono abitati da ulteriori boss. Da questo punto di vista, Salt and Sacrifice include un pool di nemici nutrito e variegato, visto che ciascun avversario (Maghi inclusi) dispone sia di un aspetto unico sia di un moveset distintivo.

Anche un pizzico di metroidvania

Per quanto concerne il combat system, Salt and Sacrifice si concentra prevalentemente sugli scontri corpo a corpo, a prescindere dal tipo di build che si utilizza. Il combattimento si fonda su due tipi di attacco, la parata e schivata, tutte azioni che richiedono la sapiente gestione della stamina al fine di evitare di restare indifesi di fronte all’assalto dei nemici.

Da segnalare anche la presenza di combo più articolate, eseguibili con l’alternanza dei due attacchi base, che però ci sono sembrate spesso accessorie. Difatti vi troverete a utilizzarle solo di rado, magari per divertirvi contro quelle creature che non rappresentano più una reale minaccia per la vostra salute. Lanciare in alto uno sgherro per poi colpirlo a mezz’aria ad esempio non è la scelta migliore quando a schermo vi sono più nemici, semplicemente perché rende il protagonista sin troppo vulnerabile. In ogni caso le meccaniche di combattimento funzionano molto bene e abbiamo trovato una discreta diversificazione tra le varie categorie di armi, ognuna delle quali chiama ad adottare un particolare approccio agli scontri.

Dopo una lunga fase in cui ci siamo affidati alla protezione dello scudo e all’ascia da battaglia – che in Salt and Sacrifice corrispondono a un’unica arma – siamo riusciti a stravolgere la build con uno spadone a due mani incredibilmente potente e in grado di eliminare molti nemici con un lento ma efficace fendente, la cui esecuzione andava calcolata con estrema precisione. A proposito di animazioni, non possiamo evitare di fare un piccolo appunto che riguarda tanto i boss quanto gli opponenti standard. Oltre all’elevato livello di sfida del gioco di Ska Studio, un fattore che rende molto piacevole l’esperienza senza farle mai oltrepassare il confine della frustrazione, è presente una meccanica di gameplay che rischia in certi casi di mettere in grossa difficoltà il giocatore.

Il protagonista resta vulnerabile a ogni attacco eseguito in rapida successione, giacché i (pochi) frame di immortalità si attivano solo quando finisce a terra. In altre parole, i nemici dal moveset più aggressivo non vi faranno alcuno sconto e vi porteranno alla morte alla prima disattenzione. Siccome permettono di sbloccare sentieri inizialmente inaccessibili, i gadget donano poi quel piacevole tocco da metroidvania alla produzione ma la loro implementazione non si è rivelata priva di sbavature. Ci riferiamo nello specifico al rampino e al “deltaplano” che – pur essendo fondamentali per proseguire – richiedono una precisione tale da poter spingere il giocatore all’errore durante le comunque divertenti fasi platform. Si tratta di un difetto non così incisivo, che però tende a spezzare il ritmo del viaggio con dipartite più frequenti. In ogni caso abbiamo apprezzato molto le parti d’esplorazione in cui bisogna alternare salti sulle pareti, piccole planate e oscillazioni sul rampino, così da raggiungere luoghi segreti o sbloccare le immancabili scorciatoie.

Prepare to farm

Come dicevamo poco fa, Salt and Sacrifice strizza l’occhio a Monster Hunter. Nel titolo di Ska Studio il ruolo delle belve da cacciare è ricoperto dai Maghi, i cui drop sono essenziali per forgiare armi, armature e amuleti, presso il fabbro dell’hub. In giro per la mappa non si trovano molti pezzi d’equipaggiamento, il che rende la caccia agli stregoni assolutamente fondamentale per potenziarsi e adattare le build del personaggio a specifiche situazioni. Per affrontare un’enorme viverna dal respiro glaciale, ad esempio, abbiamo eliminato un paio di volte il Mago di Ghiaccio per poi forgiare il suo set, caratterizzato da una notevole resistenza al gelo.

In aggiunta alla possibilità di creare e potenziare degli item d’importanza cruciale, al giocatore viene anche dato il modo di accrescere le potenzialità del suo Inquisitore impiegando il Sale accumulato, che – come le Anime di Dark Souls – può andare irrimediabilmente perduto. Nello specifico, il sistema di potenziamento è identico al suo predecessore, e si sviluppa in maniera lineare. Il Sale può essere speso unicamente per aumentare il livello e guadagnare punti abilità da usare in un albero parecchio articolato. Oltre a proporre nodi in grado di aumentare i parametri del protagonista e favorire così lo scaling delle armi, nei suoi rami troviamo anche dei passaggi fondamentali per usare specifiche categorie di strumenti di morte e armature.

Chi vuole indossare una corazza pesante o impugnare una spada lunga, ad esempio, necessita del relativo potenziamento: un’impostazione del genere lascia ben poco spazio alla sperimentazione, poiché con l’avanzare dei livelli ci si ritrova costretti a decidere se spostarsi verso nuove specializzazioni oppure se migliorare quelle già sbloccate.

Oltre a qualche sessione di farming per accumulare i materiali dei Maghi e un po’ di Sale, dovrete dedicarvi anche alla raccolta di risorse di base per avere sempre a disposizione i proiettili per le armi da lancio (incluse le fortissime accette), le pozioni curative e altri consumabili che si sbloccano nel tempo. Purtroppo questi oggetti non si ripristinano automaticamente quando si muore o ci si riposa presso un “falò”.

Durante le fasi di esplorazione si trovano risorse a sufficienza, è vero, ma nel caso in cui si restasse impegnati in una boss fight più del dovuto queste sfumerebbero rapidamente. La cosa potrebbe far storcere il naso ad alcuni ma in realtà basta sfruttare i passaggi dall’hub alle altre aree della mappa per far riapparire gli oggetti utili e raccoglierne in grandi quantità. Probabilmente dovrete dedicarvi a questo tipo di farming più di una volta, vista la considerevole longevità di Salt and Sacrifice. Tirando dritto ed evitando qualsiasi via d’accesso secondaria, il gioco richiede circa 15 ore per poter essere completato, sebbene tale cifra sia solo indicativa per via dell’elevato livello di sfida.

Sappiate però che il titolo Ska Studio ha tutto il potenziale per risucchiarvi in un vortice che va ben oltre il semplice completamento delle attività secondarie, grazie anche alla presenza di missioni giornaliere e di una ricca modalità multiplayer, che dispone sia di una componente cooperativa, sia di una dimensione competitiva, che include le invasioni e il classico PvP.

Dobbiamo però evidenziare una dimenticanza degli sviluppatori in merito alle sequenze conclusive dell’avventura. Dopo la classica scelta finale, al giocatore non viene proposto se fermarsi nella run attuale o procedere con il New Game Plus. In sostanza alla conclusione dei titoli di coda viene permesso solo l’avvio della nuova partita bonus, con la conseguente perdita di quasi tutti gli elementi sbloccati nel viaggio di base. Se ci fosse stato un banale avviso, in altre parole, avremmo potuto continuare a esplorare le mappe in cerca di segreti o dedicarci ulteriormente alla caccia di Maghi in multiplayer ma non è stato possibile e speriamo che la cosa venga presto risolta.

Un comparto grafico “artigianale” ma con alti e bassi

Proprio come è stato per il predecessore, Salt and Sacrifice vanta una peculiare veste grafica in 2D. Il buon James Silva ha sfruttato i medesimi tool di Salt and Sanctuary (a proposito, ecco la recensione di Salt & Sanctuary) ma ha ridisegnato e animato da zero ogni singolo personaggio a schermo e spesso con ottimi risultati. Generalmente infatti abbiamo apprezzato non solo la qualità degli sprite ma anche le movenze del protagonista, dei nemici e degli NPC.

A onor del vero, non proprio tutto è andato per il meglio, perché il design delle creature ci è sembrato di efficacia altalenante. Se alcune ci sono parse assolutamente piacevoli a vedersi, altre avevano un che di già visto, un discorso questo che purtroppo estendiamo agli scenari che fanno da sfondo all’avventura.Tra i problemi di Salt and Sacrifice ci sono poi i menù relativi all’equipaggiamento, ai potenziamenti e ai mercanti, che abbiamo trovato difficilmente navigabili e soprattutto privi di alcune possibilità fondamentali.

Parliamo ad esempio del poter ordinare gli oggetti secondo criteri come il potere d’attacco, i livelli e via discorrendo. Soprattutto nelle fasi di gioco più avanzate non è stato affatto semplice operare al loro interno, a discapito del ritmo dell’esperienza. Gli spigoli non mancano anche sul fronte della traduzione in italiano che, pur confermandosi generalmente migliore di quella del primo capitolo, non ha ricevuto il medesimo livello di attenzione in tutte le sue componenti.