Stray Recensione: una vita da gatti in un mondo cyberpunk

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Stray Recensione: una vita da gatti in un mondo cyberpunk
stray recensione: una vita da gatti in un mondo cyberpunk

L’opera di Annapurna Interactive e BlueTwelve Studios è una deliziosa e stravagante avventura in salsa cyberpunk ma anche un platform ambizioso.

Un adorabile gattino tigrato vive con i suoi simili all’interno di un imponente sistema di mura confinante con una città perduta, un tempo patria di una civiltà ormai estinta. Tuttavia, sotto strati di cemento e ferro, all’ombra di una vegetazione che negli anni ha preso il sopravvento sullo scenario urbano, batte un cuore pulsante, meccanico, fatto di luci al neon e sfavillanti insegne colorate. In un giorno come tanti, il piccolo protagonista salta sul solito tubo arrugginito che popola gli scenari della sua spensierata e selvaggia routine. Ma questa volta il salto non va a buon fine: i bulloni saltano, il ferro cede, la ruggine demolisce quel piccolo trampolino di fortuna, e lo sventurato micio cade nelle profondità. Risvegliatosi tra rifiuti, scarti robotici e misteriose entità organiche che regnano nel sottosuolo, comincia il suo viaggio, alla ricerca della libertà e dei segreti che hanno distrutto il mondo circostante.

Come è emerso nell’intervista agli sviluppatori di Stray, la nuova avventura di Annapurna Interactive in arrivo su console PlayStation e PC è un platform adventure delizioso e ispirato che, pur rimanendo ancorato alle logiche di una produzione indie, vanta le ambizioni creative di un grande colossal. Abbiamo trascorso una manciata di ore in compagnia del dolcissimo randagio a quattro zampe, facendoci largo tra androidi, misteri e mostruosità tentacolari. Finalmente possiamo raccontarvi di quella che è stata un’esperienza a tratti sorprendente, che forse potrebbe rappresentare l’inizio di una grande storia.

La curiosità uccise il gatto

Il viaggio del nostro gattino, come detto, comincia dentro le mura, in uno scenario selvaggio e in rovina. È solo la prima tappa di un’avventura che porta il pelosetto a esplorare una città dalle tinte squisitamente cyberpunk, dai bassifondi ai cosiddetti piani alti.

Oltre a ritrovare la libertà e il gruppo di suoi simili da cui si divide nel momento della caduta, il protagonista deve riaprire le gigantesche porte della città per restituirla alla luce solare, dopo che questa è rimasta sotterrata sotto chilometri di cemento a seguito di antichi esperimenti e di un progetto di rinnovazione urbana che ha segnato l’inizio della sua fine. Restituire la vita e il tepore dell’aria aperta a un’intera comunità, diventa la missione inconsapevole di questo peloso e dolcissimo quadrupede, che comunque non sarà solo. Al suo fianco c’è B-12, un robottino senza memoria intenzionato a recuperare i ricordi perduti, così da svelare il mistero che circonda la metropoli e i suoi abitanti meccanici: uno strumento, B-12, che per il giocatore diventa veicolo di narrazione e di gameplay. Stray è un’avventura ricca e stratificata, che nel giro di una manciata di ore ci porterà a scoprire ogni singolo anfratto di un sistema urbano complesso, intricato e affascinante. È indubbiamente l’impatto scenico il fiore all’occhiello di quella che è una produzione sorretta da una direzione artistica semplicemente splendida.

Dai bassifondi putridi e marcescenti ai torreggianti grattacieli dei piani alti, quello di Stray è un esempio efficace di una cornice cyberpunk assolutamente gradevole. Si tratta di uno sforzo produttivo importante per un team di questo tipo, sebbene l’avventura offerta si sia rivelata relativamente breve: per portare a termine la storia – che è essenzialmente lineare, anche nella conformazione degli ambienti digitali – ci abbiamo impiegato circa 5 ore, ma per scovare tutti i segreti e completare gli sporadici obiettivi opzionali il gioco può sfiorare tranquillamente le 7-8 ore complessive.

Un’opera piuttosto ermetica per quanto concerne il contenuto ma comunque molto densa e soddisfacente grazie alla varietà di approcci e soluzioni ludiche proposte di area in area. Nel corso del cammino del randagio, infatti, prende vita una narrazione emergente che permette di scoprire i misteri intorno alle origini della città e dell’agognato Oltre, un luogo naturalistico al di fuori delle mura che un piccolo gruppo di androidi, in passato, ha provato a raggiungere con scarsi risultati. Obiettivo del micio e di B-12 è dunque mettersi sulle tracce di quegli antichi sopravvissuti e aiutarli a coronare il loro sogno. Sul versante della scrittura abbiamo apprezzato moltissimo la qualità e la densità dell’immaginario di Stray: certo, non troppo originale in termini di lore e di storia ma efficace e coerente ai fini della narrazione.

Dobbiamo ammettere che, arrivati al termine del viaggio e poco prima di raggiungere i titoli di coda, avremmo voluto ottenere più informazioni sui retroscena della trama, come pure approfondirne meglio i protagonisti. Pur senza fare alcuno spoiler sull’epilogo, ci sentiamo di segnalarvi che il finale di Stray rimane in parte aperto, e che l’epopea del nostro gattino tigrato potrebbe addirittura rappresentare il primo capitolo di un racconto più grande.

Quando il gatto non c’è, i topi ballano

Da un punto di vista dell’impasto ludico Stray è un’avventura relativamente semplice, che comunque non manca di sottoporre il giocatore a qualche interessante e ingegnosa fase platform, fatta di puzzle ed enigmi ambientali da superare senza troppa fatica. Come già affermato, l’epopea del randagio e di B-12 vive di più anime, e a seconda della zona della città che si sta esplorando il gioco mette di fronte a diverse e variegate formule di gameplay.

Se durante il primo atto dell’avventura l’obiettivo del micio è semplicemente quello di farsi largo tra fogne, vicoli e appartamenti dei bassifondi – dapprima per congiungersi a B-12 e poi per raggiungere i piani alti della città – è nelle successive fasi di gioco che il livello di sfida si innalza e le meccaniche iniziano ad arricchirsi. Subito dopo l’incipit, nel momento in cui il drone e il felino uniscono le forze per fuggire verso l’Oltre, l’avventura di questo improbabile duo è scandita attraverso due macro-sezioni, rispettivamente i torbidi bassifondi della città e la zona residenziale e industriale. Ciascuno di questi due momenti mette a disposizione una piccola mappa, nella quale l’esplorazione diventa l’elemento portante dell’esperienza. Aggirandosi tra vicoli, negozi e appartamenti, i due protagonisti devono reperire informazioni sul loro obiettivo o sulla loro meta. In queste fasi il gioco assume delle profonde sfumature da metroidvania: per arrivare a destinazione, il duo dovrà portare a termini svariati incarichi e fare amicizia con i simpatici androidi che popolano la città.

Sarà quindi chiamato a deviare dalla strada principale per poi tornare sui propri passi, sbloccare accessi precedentemente preclusi oppure ottenere l’aiuto di un nuovo comprimario. Sia in questi scenari, sia nelle sezioni più lineari, Stray è disseminato di collezionabili, disponibili sotto forma di ricordi che il drone può incanalare nella propria memoria per acquisire informazioni sull’Oltre e sulla civiltà preesistente a quella delle macchine.

Tra i bassifondi e la città alta, comunque, il gioco offre anche dei capitoli più lineari ma comunque mai inferiori alle fasi “open map” in termini di ricchezza delle ambientazioni. Dal sistema fognario ai villaggi nascosti, fino ai soffocanti cunicoli di fabbriche corporative e abitazioni, laboratori e metropolitane. A seconda dell’avanzamento del racconto, come già detto, l’avventura di Annapurna ci mette di fronte a diverse varianti di gameplay, funzionali e coerenti con la narrazione e lo scenario.

I bassifondi, ad esempio, sono popolati da una viscida e letale forma di vita organica, costituita da esserini carnivori dalle dimensioni di una pantegana chiamati Zurk. Si tratta di mostriciattoli assolutamente letali per il povero micio e finché non si è opportunamente equipaggiati l’unica soluzione per evitare di essere divorati è fuggire. Durante il secondo atto, invece, B-12 entra in possesso di uno speciale dispositivo al neon in grado di emettere un fascio di luce micidiale per i Zurk, innescando una timida dinamica da sparatutto che consiste nel puntare il gadget in direzione delle orde che ci vengono incontro. L’arma va comunque dosata, poiché tenerla attivata con insistenza porta al surriscaldamento della stessa e non sarà disponibile nemmeno per tutta la durata dell’avventura.

Nelle fasi successive, infatti, complice una specifica svolta di trama, il randagio deve muoversi furtivamente per sfuggire a minacciosi droni repressivi, una situazione che di fatto rende il gioco un un buffo stealth a quattro zampe, nel quale le silenziose zampette del gatto diventano fondamentali per non allertare i nemici di guardia. Che si tratti di sparare o nascondersi dai nemici, comunque, Stray non perde mai la propria anima platform: l’interazione con B-12 è cruciale per risolvere piccoli enigmi, attivare interruttori, tradurre scritte e parlare con gli androidi, ma i movimenti agili e scattanti del nostro piccolo felino sono essenziali per muoversi in questo bizzarro mondo. Che sia nella sua forma più action o nelle fasi furtive, il passo felpato del pelosetto rappresenta il cuore di tutta l’esperienza. Il gatto può arrampicarsi su quasi ogni superficie, dai tubi ai cornicioni, dai davanzali alle insegne. Stray, in tal senso, ci immerge completamente nella routine comportamentale di un micio vero: dalle azioni più frivole e opzionali, come fare le fusa strusciandosi sulle gambe o raschiare con gli artigli sui tappeti o sulle porte, ai balzi felini che permettono al protagonista di raggiungere agilmente punti sopraelevati, o ancora di infilarsi in dei cunicoli inaccessibili per gli altri esseri viventi (o meccanici).

Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco

È ora opportuno spendere qualche parola in più sul comparto visivo e tecnico di Stray, che indubbiamente alza non poco l’asticella qualitativa per le produzioni videoludiche a medio budget. Il titolo di BlueTwelve Studio rimane fortemente ancorato, sia per meccaniche, sia per respiro della produzione, ai crismi del panorama indipendente ma sul fronte dell’impatto scenografico il lavoro svolto dal team di sviluppo si è rivelato impressionante.

Le ambientazioni ricche di dettagli, grandi e a tratti complesse, sono un caleidoscopio di colori, luci, fumi e insegne. Un’opera minuziosa e pregevole negli ambienti interni, ricchi e stracolmi di dettagli, ma anche mozzafiato per quelli esterni, per i paesaggi, per le vedute di una città decadente e decaduta che prende tutto il meglio della narrazione di genere, con afflati di straordinario cyberpunk. Giocando su PlayStation 5, esplorare il mondo di Stray è già di per sé un’esperienza inebriante per gli occhi, complice un’illuminazione globale di assoluto spessore. Il coacervo di luci rosse, blu e gialle che si stagliano nel buio della città semi-morta è indubbiamente perfetto per riflettere l’affascinante impatto della luce sulle superfici. Se a tutto ciò uniamo il lavoro certosino di BlueTwelve Studios sulle texture ambientali e sulla gestione piuttosto realistica degli shader, il risultato è un’intelaiatura grafica e artistica molto più vicina a quella delle produzioni tripla A. I “limiti” di Stray emergono perlopiù nei piccoli dettagli. Ad esempio nella resa delle animazioni del protagonista o dei robot, soprattutto per quanto concerne l’interazione con l’ambiente, o nella moderazione poligonale degli stessi. Parliamo in ogni caso di spigoli che, se rapportati alla magnificenza delle scenografie digitali e uniti alla semplicità delle meccaniche e alla scarsa longevità dell’avventura, ci indicano ciò che l’opera di Annapurna vuole essere: uno splendido, delizioso e spettacolare indie, sulla scia di altre precedenti collaborazioni tra Sony e il sottobosco di studi emergenti (qui potete leggere la nostra recensione di Kena Bridge of Spirit per capire di cosa parliamo). E in fondo va bene così: tra una stiracchiata, qualche fusa e centinaia di tenerissimi miagolii, il coraggioso randagio di BlueTwelve Studios saprà addolcirvi con un solo sguardo.

Stray
StrayVersione Analizzata MultiStray è un’avventura mutevole nella sua proposta ludica e affascinante grazie alla sua poderosa direzione artistica. Allo scorrere dei titoli di coda, tirandone le somme, si percepiscono forse i principali limiti dell’opera: una storia intrisa di mistero, coerente ed appassionante con il proprio scenario, ma forse non del tutto capace di lasciare il segno come dovrebbe nel finale. Al netto delle sue numerose scenografie a dir poco mozzafiato, peraltro, avremmo gradito una cura maggiore nel comparto delle animazioni, che a tratti stridono con la magnifica cornice cyberpunk. Nonostante i suoi difetti, piccoli come l’adorabile e peloso protagonista, il viaggio del randagio e di B-12 rappresenta un’altra gradita collaborazione tra PlayStation e il panorama indipendente, termine che comunque sta molto stretto alle ambizioni produttive dell’opera di BlueTwelve Studios. È comunque doveroso ricordare che, oltre che su PC, acquistabile al costo modico di poco meno di 30 euro, Stray è disponibile in versione digitale per gli utenti PlayStation Plus Extra e Premium, oltre che in formato retail, dal 19 luglio. Un’esperienza “mordi e fuggi”, ermetica e lineare, ma anche e soprattutto spettacolare. Al punto che, di fronte alle meravigliose luci al neon e all’intricato agglomerato di palazzi, rimarrete senza parole… come se il gatto v’avesse mangiato la lingua.