Star Wars Jedi Survivor Recensione: la Forza di un sequel stellare

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Star Wars Jedi Survivor Recensione: la Forza di un sequel stellare
star wars jedi survivor recensione: la forza di un sequel

Più grande e convincente rispetto a Fallen Order, Star Wars Jedi: Survivor è una vera perla nella Galassia videoludica di Guerre Stellari.

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La Forza è davvero potente in Respawn Entertainment. Lo avevamo intuito dopo aver giocato a Jedi Survivor per tre ore, ma adesso la verità di fronte ai nostri occhi ci appare più chiara e limpida di un altissimo concentrato di Midi-chlorian. Il nuovo capitolo è una naturale e convincente evoluzione del suo predecessore (la recensione di Star Wars Jedi Fallen Order è a pochi parsec di distanza), ma soprattutto un Action Adventure intenso e stimolante, a cui manca davvero pochissimo per raggiungere l’eccellenza assoluta. E lo diciamo sussurrandolo, come un’eco lontana e flebile nei meandri dell’immensa Forza vivente, pur consci che soltanto un Sith vive di assoluti: il viaggio di Cal Kestis è probabilmente il miglior gioco di Guerre Stellari dell’era moderna.

Episodio 1: La minaccia dal passato

Ambientata circa cinque anni dopo i fatti di Fallen Order, la storia di Jedi: Survivor riprende soltanto in parte il filone narrativo che avevamo seguito durante la precedente avventura di Cal Kestis nella Galassia lontana lontana.

Cronologicamente parlando, giusto per fornire due coordinate agli appassionati, siamo a un decennio prima degli eventi di Una nuova speranza: un periodo oscuro, durante cui l’Impero Galattico spadroneggia sui deboli e annienta i suoi oppressori. Un’epoca durante la quale, grazie al materiale fornito dall’universo espanso, sappiamo peraltro essere attivo il minaccioso Inquisitorio, che proprio in Jedi: Fallen Order aveva costituito la principale minaccia per l’equipaggio della Mantis. Ma ora l’obiettivo dell’ex padawan di Jaro Tapal va ben oltre la fuga dalle implacabili spade laser cremisi dei cacciatori addestrati da Darth Vader: il protagonista combatte attivamente le truppe imperiali per riportare pace e giustizia nella Galassia, ma al tempo stesso si interroga sulle sue azioni passate e sull’eventualità di trovare un porto sicuro in cui vivere lontano dal giogo malefico di Palpatine. Come nella tradizione delle pellicole principali del brand, la storia inizia nel vivo dell’azione, su Coruscant, dove un gruppo di mercenari ha catturato Kestis per consegnarlo alle grinfie di uno spietato senatore schiavista di nome Dato Sejan.

Quest’ultimo è però in possesso di preziose informazioni militari che aiuteranno non poco il gruppo ribelle sotto il comando di Saw Gerrera, a cui Cal si è unito per contrastare il Lato Oscuro. Dopo una sortita rocambolesca, il Jedi si ritrova a dover effettuare un atterraggio di fortuna su un pianeta sperduto chiamato Koboh, su cui rivedrà vecchi alleati, per poi ripartire per un viaggio alla scoperta di antichi segreti dell’Ordine Jedi. Le principali rivelazioni, ma anche le minacce, di questo racconto si celano stavolta nel passato: il coraggioso Kestis entrerà in contatto con un’antica tecnologia che potrebbe fornirgli le risposte che cerca, ma è proprio dalle origini dell’Ordine Jedi che si risveglia una minaccia pronta a mettere in dubbio le già precarie certezze del nostro sopravvissuto. In ogni caso il protagonista non è da solo.

Ai volti che hanno reso iconico Fallen Order si aggiungono alcuni personaggi inediti e interessanti, che il più delle volte accompagnano l’eroe durante le sue missioni. Dotati di un carisma degno delle migliori incarnazioni cinematografiche, i comprimari e i villain compongono un cast variegato e intrigante e sono i tasselli di una storia che offre un paio di colpi di scena piuttosto notevoli. Non tutto è perfettamente oliato negli ingranaggi di questo meccanismo narrativo: seppur di grande impatto, ad esempio, alcuni plot twist presenti nell’ultimo atto avrebbero necessitato di maggior respiro, o comunque di un background più solido.

Nel complesso, tuttavia, siamo arrivati ai titoli di coda piacevolmente sazi di un’avventura che abbiamo esaurito nell’arco di 25 ore, a patto che si proceda spediti verso i vari obiettivi principali senza perdersi troppo nel mondo di Jedi: Survivor. In caso contrario, se deciderete di soddisfare appieno la vostra fame di completismo, la ricetta ludica a firma Respawn vi terrà impegnati per un quantitativo di ore ben più importante, avvicinandosi tranquillamente alle cinquanta. Nel mezzo, le mille sfumature di un mondo che offre tante opportunità di esplorazione, combattimento ed enigmi, tutti elementi che contribuiscono a plasmare un’esperienza davvero convincente.

Episodio 2: L’attacco dello Jedi

Non potevamo che cominciare dal cuore pulsante di Jedi Survivor: il combattimento con la spada laser. La formula vincente di Fallen Order, lo ricordiamo, guardava un po’ alla lontana quella dei soulslike, pur proponendo un livello di sfida non altrettanto impegnativo. La proposta di questo sequel richiede comunque un approccio alle battaglie cauto e ragionato, perché lanciarsi a capofitto anche contro il nemico apparentemente più debole rischia di mettere il giocatore in seria difficoltà.

Memorizzare i pattern degli opponenti più ostici, imparare a sfruttare sapientemente schivate e contrattacchi tenendo sempre d’occhio l’indicatore della parata e la barra della Forza, così come il saper colpire nei momenti più opportuni, sono comportamenti necessari per padroneggiare un combat system che è parte integrante di un’esplorazione ancora più libera e stratificata.

In ogni caso, ancor prima delle nuove feature introdotte dal team di sviluppo, l’evoluzione più significativa in relazione agli scontri si riconosce nel feeling degli impatti. La fisica dei colpi inferti da Cal, coadiuvata da movenze più fluide e convincenti ma anche più vicine all’iconico stile di lotta Jedi assaporato nei film della saga, restituisce sensazioni ben più appaganti di prima: i fendenti della lighstaber reagiscono in maniera diversa a seconda della materia colpita, sia essa la carne mutilata degli instancabili stormtrooper o la scocca in metallo di un droide da combattimento. Anche in termini di violenza della messinscena il gioco non fa sconti di alcun tipo, sebbene sia possibile disattivare le mutilazioni più cruente grazie a un apposito comando nel menù dell’accessibilità.

Respawn ha lavorato per ampliare al massimo le possibilità offerte dal combat system, offrendoci ben cinque stili di combattimento. All’assetto con la spada singola e a quello con la doppia lama si aggiungono infatti la doppia spada laser, la modalità blaster e la guardia incrociata, che trasforma l’arma del protagonista in uno spadone con tanto di “elsa medievale” come quella di Kylo Ren introdotta ne Il Risveglio della Forza. Come avvenuto nella passata iterazione, l’eroe sblocca le varie soluzioni offensive nel corso dell’avventura in un sistema di progressione valido, di pari passo con le vicende narrate durante la Campagna. Ogni assetto trasforma le opportunità di scontro a seconda dell’approccio che si desidera utilizzare: allo stile più bilanciato della lama singola si contrappongono l’ampia portata della doppia lama e la velocità dirompente delle due spade, mentre la combinazione di blaster più lightsaber risulta più utile dalla distanza (c’è però la necessità di infliggere colpi ravvicinati per ricaricare l’arma da fuoco); infine, la guardia incrociata è un concentrato di pura forza bruta che sacrifica inevitabilmente la velocità d’azione, e che per questo deve essere impiegata con maestria e consapevolezza.

Abbiamo apprezzato molto la varietà degli stili e l’opportunità di alternarli a seconda della tipologia di nemici affrontati. Anche su questo fronte il titolo concede una libertà di personalizzazione coerente con la propria formula di gameplay: Cal Kestis può equipaggiare due assetti per volta ed è possibile cambiarli soltanto in prossimità dei punti di meditazione o dei banchi da lavoro. Ed ecco che sta al giocatore la decisione di costruire una build basata sulle proprie preferenze, complici le tante abilità che impreziosiscono la crescita del personaggio.

Episodio 3: Il risveglio della Forza

Sulla scia del proprio predecessore, in Star Wars Jedi: Survivor il sistema di progressione si trasforma di pari passo con il combat system, basato a sua volta sull’evoluzione delle combo e sull’uso dei poteri della Forza. Come già specificato, il nuovo viaggio di Cal Kestis è più grande e più longevo di Fallen Order, anche per quanto concerne l’ampliamento dello skill tree. Quest’ultimo, come sempre, può essere sviluppato soltanto in prossimità dei checkpoint che, come al solito, provocano la rigenerazione dei nemici sulla mappa qualora si utilizzi il Riposo per recuperare salute, forza e Stim per curarsi.

Adesso Kestis può potenziarsi seguendo tre differenti ramificazioni: Difesa, Spada Laser e Forza. La prima è utile per incrementare la quantità di salute, l’efficacia delle guarigioni di BD-1 o il tempismo delle parate, mentre la seconda permette di arricchire ed estendere i pattern di attacchi a disposizione del nostro eroe. Quest’area si suddivide a sua volta in ulteriori biforcazioni, ciascuna dedicata a uno dei cinque stili di combattimento.

Infine, l’ultima sezione estende la portata delle abilità spirituali di Cal come l’attrazione, la repulsione, il rallentamento e tutti gli altri talenti che i giocatori sbloccheranno nel corso dell’avventura. Non di meno, alternare i poteri della Forza con specifiche combinazioni dà vita ad azioni tanto spettacolari quanto micidiali. Ad impreziosire le capacità Jedi del protagonista interviene una nuova feature: i Benefici. Si tratta di boost permanenti che possono essere a loro volta equipaggiati durante la Meditazione fino a riempire un dato numero di slot.

I Benefici permettono di irrobustire ulteriormente la resistenza di Cal, che si tratti di estendere la barra della vita, di potenziare la Forza o di rendere ancora più efficaci alcuni attacchi di base. È un sistema di progressione che ci è parso funzionale e ben distribuito, soprattutto per una Campagna da completisti. Qualora si scelga di proseguire dritti senza soffermarsi troppo sulle attività secondarie, infatti, i punti abilità ottenuti nel corso della storia principale permettono di ampliare le possibilità offensive di Kestis quanto basta per affrontare le orde di droidi e soldati imperiali senza eccessivi grattacapi, almeno per quanto concerne i livelli di difficoltà intermedi e più bassi.

Per chi invece sceglierà di alzare l’asticella della sfida, dedicarsi al completamento dello skill tree diventa fondamentale: andando a fondo nel sistema di progressione, ad esempio, è possibile acuire l’efficacia del parry, ottenere ulteriori colpi speciali o imparare a deviare con più precisione le raffiche di blaster, suddividendo i proiettili da rispedire al mittente in più parti per colpire un maggior numero di nemici. È il caso di spendere qualche parola sulla varietà e sulla complessità degli avversari: sebbene si sia dimostrato più generoso in quanto a soldati, droidi e bestie da fronteggiare, il bestiario non è esattamente uno dei punti di forza della produzione. Lungo i sei pianeti esplorabili, pur con qualche differenza in termini di fauna locale, abbiamo più volte sgominato le stesse categorie di assalitori, che sono comunque ben suddivise in ranghi sempre più impegnativi. Nelle fasi finali dell’avventura ci siamo trovati dinanzi a orde di nemici, epuratori e droidi guerrieri di alto livello. Inoltre, nel corso della Nuova Partita+, sono presenti modificatori speciali: gli incontri vedono entrare in campo i manigoldi più ostici sin dalle prime battute del viaggio, una scelta che aumenta il livello di sfida e riduce il peso della ripetitività. Anche i boss, per quanto non tantissimi, ci hanno stimolato a sufficienza e senza mai farci avvertire troppa frustrazione.

Episodio 4: Una nuova ambientazione

Rispetto a Jedi: Fallen Order tutto è più grande ed esteso, a partire dalle mappe aperte che il giovane Cal Kestis dovrà esplorare. Equamente distribuita tra zone più lineari e aree a più ampio respiro, l’esplorazione in Jedi: Survivor segue gli schemi del suo predecessore, mettendo a disposizione del giocatore ampie porzioni di mondo in cui scovare segreti, aprire forzieri, raccogliere collezionabili e risolvere enigmi ambientali per proseguire nell’avventura.

Rispetto al passato, però, l’apertura delle sei macro-aree in cui è ambientata la vicenda è impressionante, al punto da averci ricordato le open map di God of War. Ma il talento di Respawn Entertainment è emerso soprattutto in un level design stratificato e di valore. Ed è qui che l’afflato da metroidvania torna ad essere un elemento essenziale, seppur non centrale, dell’esperienza ludica: che si tratti di percorsi unidirezionali o di scenari più estesi, i livelli presentano molte scorciatoie, che il più delle volte permettono di tornare sui propri passi per sfruttare nuove possibilità e accedere a zone precluse in precedenza.

Una formula in cui abbiamo riscontrato un solo, minuscolo difetto: la leggibilità della mappa olografica, attivabile richiamando BD-1, non è ottimale, sebbene la nuova Legenda ci sia parsa più chiara che in passato. Proprio il piccolo e inseparabile droide, però, acquista un ulteriore valore per le scorribande di Cal: può essere utilizzato come binocolo per marcare i punti di interesse, ed è dotato di uno speciale rampino che permette al protagonista di raggiungere con maggiore velocità e precisione gli appigli circostanti.

Questo elemento potenzia ulteriormente il platforming, che grazie ai nuovi poteri di Kestis – il quale è ora in grado di effettuare scatti in aria, oltre al doppio salto – vanta un buon senso di dinamismo durante arrampicate e corse sulle pareti. BD-1 è anche cruciale per la risoluzione di svariati puzzle, poiché nel corso del viaggio è possibile dotarlo di ulteriori capacità: ad esempio potrà attivare meccanismi elettrici a distanza e spruzzare sostanze corrosive per liberare passaggi bloccati, così da rendere i rompicapo ancor più stimolanti e impegnativi. Il robottino, peraltro, non è il solo compagno di avventure: talvolta il personaggio interpretato da Cameron Monaghan è affiancato da altri comprimari, che possono aiutarlo durante l’esplorazione e le battaglie grazie a un comando di supporto.

La maggiore apertura dell’open map di Jedi: Survivor non è comunque priva di senso o di contenuti con cui intervallare o impreziosire la quest principale. Il gioco include una quantità di segreti e collezionabili praticamente raddoppiata rispetto al primo episodio, nonché una generosa quantità di missioni secondarie. Queste ultime, il più delle volte, richiedono il medesimo approccio: spinto da NPC o dai suoi alleati, il protagonista dovrà recarsi in una data area per ispezionarla a fondo, risolverne i misteri o trarre in salvo ulteriori comprimari.

Di solito questi incarichi permettono di sbloccare zone totalmente inedite o di affrontare boss segreti che altrimenti sarebbe impossibile incontrare. La densità di queste attività non è del tutto omogenea e si concentra perlopiù sui due pianeti più grandi ma anche le superfici meno estese riservano non poche sorprese con cui ampliare la Banca Dati e i set estetici dei personaggi. Tra le questline facoltative è richiesta anche l’esplorazione delle Camere Jedi, veri e propri dungeon in cui è necessario superare sfide ambientali per ottenere potenziamenti aggiuntivi alle statistiche di base del proprio avatar. In definitiva, anche per quanto concerne la sua dimensione più avventurosa, Star Wars Jedi: Survivor è un degno successore del primo capitolo. Più grande, ma convincente su quasi ogni fronte.

Questo riguarda anche le attività riempitive e le opportunità offerte dell’hub centrale: se in Fallen Order quest’ultimo era rappresentato dalla Mantis, adesso la base operativa del Cavaliere Jedi è nella locanda chiamata “Pyloon”, su Koboh. Una zona inizialmente deserta che, con il progredire delle gesta e degli incontri dell’eroe, acquista più vita e si popola di un numero sempre maggiore di alleati, sbloccando attività aggiuntive con cui intrattenersi tra un incarico principale e l’altro. Presso il Pyloon è possibile conversare coi nuovi compagni, effettuare compravendite e persino dedicarsi a minigiochi con tanto di ricompense, senza dimenticare l’orto in cui coltivare i semi raccolti durante il viaggio per abbellire il proprio hub.

Un più ampio respiro coinvolge anche i set di personalizzazione del protagonista e del suo armamentario: ora Cal ha a propria disposizione non soltanto delle semplici skin alternative, ma una gamma di abiti ed equipaggiamenti molto diversi tra loro, inclusa la possibilità di cambiare taglio di barba e capelli. Anche la customizzazione della spada laser, del blaster e di BD-1 è più ricca che mai: oltre a selezionare l’aspetto estetico delle singole parti dell’arma e del droide, è possibile comporre svariati preset cromatici e impostare altre caratteristiche come la lucidatura o il grado di usura dei materiali.

Anche quest’ultimo elemento ha una valenza squisitamente opzionale, ma strizza l’occhio ai fan più navigati del franchise con citazioni e rimandi al brand cinematografico.

Episodio 5: Respawn colpisce ancora

Star Wars Jedi: Survivor affonda le proprie radici nella passata generazione di console, con uno sviluppo iniziato subito dopo la release del primo capitolo, nel 2019. Ciononostante la nuova avventura di Cal Kestis esce in esclusiva sulle piattaforme current gen, e a nostro modo di vedere questa scelta è pienamente giustificata dal comparto visivo dell’opera. Pur non facendo gridare al miracolo, l’intelaiatura grafica della produzione è di tutto rispetto, ampiamente allineata agli attuali standard tecnici.

Su questo fronte il titolo evidenzia comunque qualche piccolo limite, a partire dalle animazioni: sulla scia dei difetti che contraddistinguevano la prima iterazione della serie, i movimenti del protagonista non sono del tutto fluidi, e tanto nel parkour quanto nella corsa abbiamo riscontrato un lavoro di rifinitura meno certosino e spettacolare rispetto ai combattimenti.

Non di meno, pur presentando comunque una buona espressività facciale, riteniamo che i modelli e i volti dei personaggi costituiscano il punto meno brillante di questo comparto, che in compenso non si risparmia affatto nella composizione poligonale degli scenari. Sia per quanto riguarda la fotografia, ma soprattutto per quanto concerne la complessità della messinscena e la mole incalcolabile di dettagli paesaggistici, Jedi: Survivor mette in campo una pienezza visiva che in alcuni scorci riesce a togliere il fiato.

Insomma, i ragazzi di Respawn hanno potenziato a dismisura un aspetto che in Jedi: Fallen Order non brillava particolarmente, rendendo la nuova avventura di Cal Kestis non soltanto un piacere da giocare, ma anche una meraviglia da guardare, che non rinuncia a una buona solidità tecnica.

La nostra prova principale si è svolta su una versione console pre-lancio – analizzeremo quella PC in uno speciale dedicato – e siamo incorsi in qualche bug non troppo grave che la patch disponibile al day one ha in parte risolto. Abbiamo poi testato il gioco sfruttando le due uniche modalità grafiche disponibili su PlayStation 5 e Xbox Series X/S: qualità e prestazioni.

Pur consigliandovi caldamente di utilizzare quest’ultima, saldamente ancorata a 60 fps con rinunce non troppo significative in materia di risoluzione, dobbiamo sottolineare che l’esperienza in 4K vale il prezzo del biglietto al netto dei 30 fps, con un ray tracing che – specialmente in alcuni scenari come la fantascientifica Coruscant – riesce a valorizzare appieno il sistema di illuminazione.

Star Wars Jedi Survivor
Star Wars Jedi SurvivorVersione Analizzata PlayStation 5Star Wars Jedi: Survivor è un sequel degno di questo nome. Respawn ha ampliato e migliorato tutto ciò che ci aveva convinto del suo predecessore, a partire da una storia ben scritta e non priva di notevoli colpi di scena in prossimità dei titoli di coda. Per quanto concerne l’impasto ludico, il nuovo viaggio di Cal Kestis si è rivelato un eccellente action adventure, con un sistema di combattimento ricco e stratificato e una componente esplorativa davvero appagante. Al netto di un bestiario poco sviluppato e di qualche oscillazione in materia d’animazioni, la Forza scorre potente in questa odissea spaziale targata EA, che regala spettacolo anche sul fronte visivo.