Tales of Arise Recensione: la serie Bandai Namco brilla di nuova luce
La serie di Bandai Namco torna con un nuovo episodio che porta Tales of verso nuove vette, con uno sguardo rivolto al futuro.
Un tempo appannaggio per il solo pubblico nipponico, in poco più di un decennio la serie di Tales of è divenuta un autentico punto di riferimento per tutti gli appassionati di giochi di ruolo giapponesi, al pari di franchise più blasonati del calibro di Final Fantasy, Dragon Quest e Shin Megami Tensei. Ciononostante, dopo il discreto Tales of Zestiria e lo struggente Tales of Berseria (per tutti i dettagli rileggete la recensione di Tales of Berseria), il fortunato brand di casa Bandai Namco necessitava già di una ragionata operazione di rinnovamento che potesse svecchiarlo sotto il profilo tecnico e grafico, e magari riportare il suo rodato sistema di combattimento ai frenetici fasti del mai troppo apprezzato Style-Shift Linear Motion Battle System di Tales of Graces f.
Inizialmente atteso nel corso del 2020 su Xbox One e PlayStation 4, l’imminente Tales of Arise, che solo lo scorso anno è stato posticipato di dodici mesi circa per poter esordire in forma smagliante anche sulle macchine di ultima generazione, è stato quindi incaricato di sopperire in via definitiva alle esigenze del franchise e della sua sempre più folta fanbase. Dopo il successo di Scarlet Nexus, che nel mese di giugno ha conquistato i favori della critica con un’avventura adrenalinica e travolgente (qui trovate la nostra recensione di Scarlet Nexus), Bandai Namco si appresta dunque a chiudere col botto una stagione estiva che l’ha vista protagonista, proponendoci quello che con tutta probabilità passerà alla storia come uno dei suoi JRPG più ambiziosi.
Un’oppressione durata secoli
Sono passati ormai trecento anni da quando gli abitanti del pianeta Rena, forti di una tecnologia avanzatissima, hanno annientato nel giro di una sola notte le difese del retrogrado vicino Dahna, costringendo l’intera popolazione a vivere sotto un aspro e insostenibile regime dittatoriale.



Ridotti ai lavori forzati, da quel giorno gli sfortunati dahnani hanno dovuto fare i conti con la più crudele delle oppressioni, in quanto non hanno perduto soltanto la libertà e il diritto di condurre un’esistenza dignitosa, ma tra le altre cose si sono visti portar via millenni di storia, come se un popolo di schiavi non avesse alcun bisogno di un passato o di conoscere le proprie origini. Il mondo di Dahna è quindi caduto sotto il giogo dei suoi nuovi dominatori, i quali, dopo averne suddiviso le terre rigogliose in cinque diversi regni, hanno per giunta cominciato a derubare i poveri “marchiati” dahnani del loro potere astrale, ossia quella forma di energia alla base di tutti gli esseri viventi e che una volta esaurita conduce a una fine orribile e ingiusta. Lo scopo dei cinque lord è infatti quello di vincere la cosiddetta “Disfida Reale”, una vera e propria competizione che ogni dieci anni premia il signore con più potere astrale col titolo di indiscusso sovrano della madrepatria renana. All’insaputa dei dahnani, che durante i tre secoli di soprusi subiti si sono lentamente abituati a considerare i loro padroni come pseudo-divinità infallibili e giuste, le loro vite sono quindi diventate una fonte di energia da spendere in un gioco macabro e intollerabile.
Assoluti protagonisti della vicenda sono Alphen e Shionne, due ragazzi provenienti da realtà e ceti sociali contrapposti, ma che per un curioso disegno del destino si direbbero aver l’uno un disperato bisogno dell’altra. Nata e cresciuta sul pianeta Rena, Shionne è una nobildonna affascinante quanto schiva: a prima vista altezzosa ed egoista, la fanciulla è in realtà perseguitata da una terribile maledizione che provoca un intenso dolore fisico a chiunque vi entri anche solo brevemente in contatto.

Non potendo in alcun modo sfiorare altri esseri viventi, sin dalla tenera età Shionne si è quindi tenuta a debita distanza dal prossimo ed è cresciuta senza conoscere i sentimenti alla base dei rapporti interpersonali tra due diversi individui, come ad esempio la gratitudine, la preoccupazione o il desiderio di voler proteggere una persona cara.
D’altra parte Alphen, che nelle prime battute del gioco è chiamato “Maschera di Ferro” a causa dell’elmetto che gli copre il viso e che per qualche ragione non può essere rimosso, è un ragazzo altruista ed emotivo che non conserva alcuna memoria del proprio passato e non riesce nemmeno a sentire il dolore fisico: è fondamentalmente questo il motivo per cui il giovane non esita nemmeno per un istante a far da scudo col proprio corpo agli altri schiavi vessati dai renani, non curandosi del rischio di poter riportare senza neanche accorgersene delle ferite tanto gravi da condurlo ad un passo dalla morte.
La tormentata routine dell’uomo mascherato subisce un forte scossone quando Shionne, decisa per motivi personali a eliminare i cinque lord renani e porre fine una volta per tutte alla Disfida Reale, sfugge ai propri carcerieri e si introduce nelle miniere di Orbus Calaglia, dove lo stesso Alphen e gli altri schiavi sono costretti ogni giorno a lavorare per un misero tozzo di pane.



Non solo la determinata fanciulla ha tradito la patria Rena, ma dal momento che in circostanze misteriose è riuscita persino a rubare il nucleo primario in cui è racchiuso tutto il potere astrale raccolto dal Balseph, all’occorrenza può evocare una spada ardente talmente potente da far tremare gli stessi lord renani. Non accusando il dolore provocato dalle fiamme, Alphen è però l’unico in grado di brandire la prodigiosa arma, ragion per cui, coadiuvato dalla resistenza locale e dalla taciturna Shionne, lo spadaccino assetato di libertà accetta il ruolo di “liberatore” assegnatogli quasi per caso da un fato beffardo e si mette in viaggio per disintegrare le catene – sia fisiche che psicologiche – che per troppo tempo hanno tenuto prigioniero il popolo dahnano. Quello dei mondi gemelli, caratterizzati da differenze gerarchiche inconciliabili e oltretutto destinati a prosperare l’uno a discapito dell’altro, è un tema molto caro agli sceneggiatori di Tales of, che diversi anni fa se ne servirono per plasmare l’indimenticabile Tales of Symphonia: un action RPG il cui impianto narrativo tendeva invero a spiazzare costantemente il giocatore con tematiche strazianti ed eventi che lasciavano il segno nel profondo. Da parte sua, Tales of Arise nasce proprio dalla volontà di replicare o addirittura oscurare quel prodigioso risultato, e come tale propone al pubblico una storia ancora più tribolata e avvincente, nonché in grado di innescare frequenti esplosioni di empatia.
Sebbene a primo acchito ci sembrassero un tantino stereotipati, col passare delle ore i sei protagonisti del racconto e i loro traumi personali hanno messo a tacere qualsiasi nostro pregiudizio, dando vita a un’epopea mozzafiato, capace di far riflettere tanto sulle diverse interpretazioni di libertà e schiavitù, quanto sulla psicologia di oppressori e oppressi. Un’avventura memorabile, insomma, che ci ha tenuti incollati allo schermo per 40 ore circa (poi diventate 60, se calcoliamo il tempo dedicato ai molteplici contenuti secondari e al post-game), innescando nel nostro animo tutta una serie di emozioni tipicamente umane.
Un’ode alla reattività
Come spiegato in un nostro recente hands-on di Tales of Arise, gli accorgimenti apportati al sistema di combattimento del prodotto sono talmente prorompenti da farne un autentico punto di non ritorno per la serie di Bandai Namco. Procediamo con calma, specificando innanzitutto che, laddove nei più recenti episodi della saga il numero di combo eseguibili e concatenabili era limitato da un’apposita barra, in netto contrasto con quanto accadeva nei titoli precedenti, con Tales of Arise lo sviluppatore giapponese ha preferito effettuare un apprezzabile dietrofront, rimuovendo difatti qualsiasi vincolo precedente posto all’attacco standard.

Alphen e compagni, quindi, hanno la facoltà di attaccare senza sosta i nemici presi di mira, inserendo tra una combo e l’altra le immancabili Arti. A questo giro sono solo queste ultime ad essere in parte limitate, in quanto ciascun utilizzo richiede il consumo di un’apposita BA, ossia uno dei rombi colorati posti sopra la barra della vita del personaggio controllato; tuttavia, dal momento che queste si ricaricano dopo pochi secondi o comunque dopo aver soddisfatto determinati requisiti, gli utenti più meticolosi e allenati a dosarne il consumo possono tranquillamente portare avanti un’offensiva devastante con un’eccellente soluzione di continuità.
Essendo il sistema di combattimento di Tales of Arise votato all’azione frenetica e scatenata, il team ha rimosso la storica funzione di Guardia, in questo caso sostituita da scatti rapidissimi che, se effettuati col giusto tempismo, consentono di anticipare le mosse dell’avversario e schivare al volo gli attacchi in entrata (anche perché, come spiegato dallo stesso Yusuke Tomizawa, la maggior parte dei pattern dei mostri sono assolutamente evitabili). Pertanto, una volta padroneggiato lo scatto il combat system ci è parso assai più fluido, reattivo e appagante del solito, invogliandoci a creare per ore e ore fantasiose catene di colpi e Arti sempre più rovinose.
Equipaggiati con tipologie di armi differenti, come imposto dalla tradizione i componenti del party presentano ancora una volta dei moveset adeguatamente diversificati (e ampliabili attraverso l’apprendimento di nuove Arti), tant’è che vi sono personaggi votati alla velocità, come Alphen e Dohalim, o guerrieri indicati per il combattimento sulla distanza, come Shionne e Rinwell. In ogni caso, ciascuno di essi presenta pure delle meccaniche individuali e chiamate “Attacchi Boost”, che se adoperate al momento opportuno sono in grado di mutare radicalmente l’andazzo degli scontri.



Ad esempio, quando la barra BB di Alphen è carica, lo spadaccino sferra un potente fendente con la Lama Fiammeggiante e può atterrare i vari nemici circostanti, mentre Shionne può usare il suo fucile per lanciare dei raggi contro gli avversari in volo e costringerli a rimanere a terra per qualche tempo. I più utili ci sono però parsi quelli degli altri compagni, in quanto se l’Attacco Boost di Rinwell blocca l’attivazione di una magia e la scaglia al posto dell’incantatore originale, quello di Law è in grado di superare le difese dei nemici particolarmente corazzati, lasciandoli per giunta storditi. Dotata di uno scudo immenso, Kisara non è solo l’unico personaggio a poter parare, ma il suo Attacco Boost fa sì che la donna conficchi lo strumento nel suolo per fermare la carica del mostro di turno e proteggere gli alleati, mentre Dohalim evoca dal terreno dei rampicanti che bloccano le creature in possesso di straordinarie capacità evasive. Di conseguenza, sebbene gli Attacchi Boost possano essere innescati a casaccio, il nostro consiglio è quello di abusare dei loro effetti specifici se e quando necessario, al fine di trarne il maggior vantaggio possibile e non farsi mai trovare impreparati.
L’altra interessante novità di Tales of Arise va individuata negli “Assalti Boost“, che fondamentalmente consistono in attacchi mortali eseguiti in coppia dagli alleati quando un avversario è molto indebolito o dopo una prolungata catena di colpi. Fatta eccezione per boss e mini-boss, che dispongono di tanti punti vita e sono in grado di resistervi, un nemico colpito da un Assalto Boost viene quindi abbattuto immediatamente, al termine di una sequenza movimentata e spettacolare tanto quanto le Arti Mistiche cui la serie ci ha sempre abituati.
A proposito delle Arti Mistiche, che come previsto sono presenti anche in Tales of Arise, il loro innesco è possibile solo durante la modalità Oltre Limite, che purtroppo stavolta si attiva all’improvviso e non può essere indotta attraverso l’utilizzo di oggetti. Essendo sprovvista della solita barra sempre presente sullo schermo, la suddetta non può essere quindi programmata e di conseguenza, almeno nella prima parte dell’avventura si tende a usare assai di rado le Arti Mistiche. Va comunque segnalato che in Tales of Arise le alternative non mancano e, tra Attacchi e Assalti Boost, la necessità di ricorrere all’Oltre Limite e alle Arti Mistiche si fa sentire solo durante le boss fight.
Per quanto concerne invece la crescita dei personaggi, in Tales of Arise sono state riviste anche le modalità di acquisizione delle nuove abilità, che in maniera molto simile a quanto accadeva in Tales of Grace f sono ora legate ai titoli dei singoli guerrieri. Una volta soddisfatti degli obiettivi specifici, infatti, Law e gli altri ottengono nuovi titoli che attraverso il dispendio dei Punti Abilità accumulati con la lotta permettono loro di apprendere Arti e abilità particolari, come ad esempio la capacità di rimettersi subito in piedi dopo un atterramento o di estendere la durata dell’Oltre Limite, e così via. Sbloccando tutte le abilità associate a un titolo, poi, i personaggi ricevono pure un premio consistente in un incremento delle statistiche, che a seconda dell’impegno profuso (leggasi PA) si può tradurre anche in cinquanta punti difesa aggiuntivi.
Le uniche cose che non abbiamo del tutto gradito di Tales of Arise vanno ricercate nell’inspiegabile decisione di rimuovere il caro e vecchio attacco preventivo, che durante le sessioni esplorative invogliava gli utenti ad assalire i nemici alle spalle per godere di un piccolo bonus iniziale, e l’assenza dei premi in denaro al termine di ciascuno scontro.
Certo, la rimozione delle schermate di vittoria ha velocizzato non poco la progressione, evitando che l’azione venga interrotta continuamente per far spazio a commenti ripetuti fino alla nausea (come invece accadeva nei vecchi Tales of), ma la soluzione adottata da Bandai Namco rallenta l’accumulo di gald, che in alcune fasi della campagna può diventare un grosso problema.
Splendido e straripante di attività
Chiunque abbia una certa familiarità con la serie ricorderà che le mappe dei precedenti Tales of, ad eccezione di Zestiria, erano fondamentalmente dei lunghi corridoi che collegavano tra loro due o più zone, dove per giunta il salto era effettuabile solo in presenza degli invasivi puntatori colorati. In Tales of Arise, invece, non solo il salto è praticabile ovunque, dando accesso a scorciatoie impensabili e permettendo al giocatore di lanciarsi nel vuoto senza correre il rischio di subire danni da caduta, ma le mappe sono molto più grandi e dettagliate del solito, traboccano di nemici da abbattere, vari collezionabili e materie prime da raccogliere, e di tanto in tanto ci si può imbattere in qualche contenuto opzionale.




Per esempio, se più o meno in ogni mappa è nascosto un simpatico gufo, che dopo il suo ritrovamento regala al party un accessorio altrimenti inottenibile, nel cuore di Erde Menancia si trova un ranch in cui allevare diversi animali da fattoria. Senza dimenticare la pesca, che si sblocca solo dopo aver ottenuto gli ultimi membri del party, le suddette attività sono finalizzate all’accumulo di ingredienti di ogni tipo da utilizzare al momento di preparare dei deliziosi manicaretti: anche in Tales of Arise, infatti, i protagonisti possono cucinare dei piatti particolari e godere per qualche tempo di bonus che, tra le altre cose, incrementano l’attacco o i PV recuperati dopo una battaglia, massimizzano il numero di minerali lasciati cadere dai mostri, e così via.
Sviluppato per la prima volta con l’Unreal Engine 4, Tales of Arise ha finalmente abbandonato il nido per proporre all’utenza un comparto grafico più moderno e ricco di particolari. Sfruttando il fenomenale Atmosferic Shader, lo sviluppatore ha mantenuto la promessa di realizzare panorami e insediamenti urbani talmente belli da sembrare quasi dei quadri: dalle lande verdeggianti e sconfinate alle suggestive cime innevate, senza nulla togliere agli ambienti chiusi, ogni singolo paesaggio trabocca di colori e particolari.

Di tanto in tanto la natura cross-gen del prodotto (che in origine era previsto solo sulle macchine della scorsa generazione) tende a manifestarsi, specie durante le arrampicate, ma si tratta di compromessi minimi e assolutamente accettabili. Contraddistinti dall’inconfondibile character design di Minoru Iwamoto (Vesperia, Zestiria, Berseria), i modelli di poligonali di Tales of Arise sono senz’ombra di dubbio i più dettagliati ed espressivi che la serie ci abbia proposto finora, anche se i primi piani sono purtroppo affetti da qualche spigolo occasionale.
Ad ogni modo sono state le performance su Xbox Series X ad averci sorpresi. Se in modalità fps non ci sono differenze tra la macchina verdecrociata e l’attuale ammiraglia Sony, che appunto girano entrambe a 1620p e 60 fotogrammi al secondo, è in modalità grafica che lo stacco si fa notare: una volta impostati i 2160p, PS5 raggiunge al massimo i 45 fotogrammi al secondo, con piccoli cali abbastanza frequenti, mentre su Xbox Series X il titolo conserva i 50 fps senza grandi oscillazioni. Qualora preferiate la risoluzione in 4K ai 60 fps, almeno nel secondo caso il sacrifico sarà quindi piuttosto ridotto. Nulla da eccepire sui tempi di caricamento nel passaggio da una zona all’altra, invero rapidissimi e quasi istantanei.
Composta ancora una volta dal maestro Motoi Sakuraba, che ha contribuito alla serie sin dal lancio del suo capostipite Tales of Phantasia, la colonna sonora di Tales of Arise ci è parsa molto vasta e diversificata. Delicati o prorompenti, a seconda delle scene che accompagnano, i superbi brani svolgono magistralmente il loro compito e alcuni di questi ci sono rimasti piuttosto impressi.
Per quanto concerne invece il doppiaggio, proposto sia in giapponese che in inglese, entrambe le tracce sono abbastanza buone, ma come al solito quella originale si è distinta grazie alla superba performance recitativa degli interpreti nipponici e agli accostamenti vocali sicuramente più azzeccati di quelli anglofoni.
Discreti, infine, i testi tradotti in lingua italiana, che tuttavia nelle prime ore presentano piccole imprecisioni. Siamo tuttavia convinti che queste verranno corrette attraverso future patch, come già avvenuto in passato con gli altri esponenti della saga.
Tales of AriseVersione Analizzata Xbox Series XTales of Arise è ad oggi la vetta più alta mai raggiunta dal franchise di Bandai Namco, che nonostante la capacità di raccontare storie toccanti non era mai riuscito a brillare anche sul piano tecnico e grafico. Il passaggio all’Unreal Engine 4 e l’adozione dell’Atmosferic Shader hanno invece permesso alla casa nipponica di superare i suoi storici limiti e realizzare un cel-shading delizioso, che pur senza rinunciare alla propria identità segna uno stacco forte ed evidente col passato. Ancora una volta gli sceneggiatori di Bandai Namco ci hanno stregati con un’epopea drammatica e profonda, in cui vengono affrontate tematiche persino più angoscianti e struggenti di quelle proposte qualche anno fa da Tales of Berseria. Se a questi riusciti elementi aggiungiamo persino un sistema di combattimento estremamente reattivo e articolato, senza tralasciare la coinvolgente colonna sonora firmata dal maestro Motoi Sakuraba, la formula escogitata dal team di Hirokazu Kagawa e Yusuke Tomizawa potrebbe realmente segnare un nuovo e promettente inizio per la saga che dal lontano 1995 ha fatto sognare intere generazioni di fan.