Sonic Frontiers Recensione: il riccio corre forte ma la velocità non basta

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Sonic Frontiers Recensione: il riccio corre forte ma la velocità non basta

Open zone, tanti contenuti e il solito divertimento offerto dalla supervelocità di Sonic. Tuttavia i limiti tecnici sono abbastanza palesi.

Cambiare per non morire, ma al tempo stesso avvicinarsi alla modernità senza perdere i propri riferimenti: dev’essere stato questo l’approccio di SEGA nella riproposizione di una delle icone più riconoscibili della scena videoludica. Sonic ha infatti indubbiamente rallentato la sua corsa strepitosa a causa di alcuni capitoli meno brillanti (la recensione di Sonic Forces ne è un esempio lampante), e si trova oggi a dover mettere in discussione le sue stesse fondamenta ludiche per ritornare ai fasti di un tempo. All’interno di un open zone cucito su misura per le sue abilità da saetta, Sonic Frontiers sembra finalmente in grado di segnare una strada percorribile verso il futuro, ma il presente – dobbiamo dirlo – presenta ancora alcune mancanze tecniche.

La storia che non ti aspetti

La ricerca dei Chaos Emeralds è diventata l’obbiettivo primario di Sonic e della sua ciurma, pronta a mettere a soqquadro l’intero universo pur di raccogliere le misteriose gemme e studiarne il potere potenzialmente distruttivo.

Durante una di queste esplorazioni, la navicella che trasporta il riccio blu viene risucchiata all’interno di un portale azionato da un Eggman non del tutto consapevole delle proprie scoperte: l’intero gruppo di amici si ritrova così bloccato nel Cyber Spazio, ma Sonic riesce a sfuggire mettendo a frutto la sua velocità e si risveglia sulle Starfall Island, terre disabitate che ancora contengono le vestigia di un popolo ormai scomparso. Guidato da una voce che lo etichetta come il prescelto, l’eroe schizza in direzione dei suoi amici soltanto per trovarli in uno stato digitalizzato, a metà tra il materiale e l’incorporeo, intrappolati in un Cyber Spazio che non ha risparmiato nemmeno il suo storico avversario. La chiave per la liberazione del gruppo risiede nell’abbattimento dei tre titani che pattugliano le isole, ma per fronteggiarli Sonic è obbligato a richiamare i poteri dei Chaos Emeralds: la ricerca delle gemme lo porterà a scoprire il passato di un mondo caduto in rovina, cancellato dalla memoria collettiva da un’entità di immane potenza, il cui terrore sembra ancora aleggiare tra le rovine abbandonate di Starfall Island.

La narrazione è sempre stata un elemento secondario all’interno dei videogiochi targati Sonic Team, quasi un accessorio contestuale alle folli scorribande del riccio, ed è per questo molto peculiare veder fiorire all’interno di Frontiers un racconto fatto di misteri e accenni, bugie e mezze verità, che prende forma attraverso una lore sviscerata da conversazioni quasi del tutto slegate dalla trama principale e completamente doppiate in italiano.

La missione di Sonic lo vede ovviamente gettarsi nel salvataggio dei propri amici, ma sull’onda di questo slancio non è possibile conoscere per intero l’impianto narrativo creato dagli sviluppatori giapponesi, perché soltanto esplorando fino in fondo le isole (e quindi collezionando i gettoni necessari a sbloccare suddette conversazioni) viene a galla la bontà di una trama interessante, anche se non spiccatamente originale, che collega la rovina di un popolo scomparso al passato e al futuro del veloce protagonista e dei suoi compagni. Forse è proprio nella rivalutazione dei personaggi secondari che risiede il merito maggiore di un ordito – dai toni leggeri e privo di slanci drammatici – che cerca di dare più profondità alle sue pedine, tra la fratellanza vissuta nell’ombra di Tails e il rapporto amici-nemici che lega Sonic a Knuckles.

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Tra futuro e nostalgia

Nell’analisi del comparto ludico possiamo parlare di una piccola rivoluzione, perché Frontiers – ormai lo saprete – abbraccia una struttura molto più aperta rispetto al passato.

L’esplorazione delle ampie zone che compongono le Starfall Island è infatti lasciata a completa discrezione del giocatore, che può sfrecciare a proprio piacimento tra le piattaforme e le rotaie che puntellano la mappa alla ricerca degli Emeralds: le varie sezioni dell’area di gioco vengono rivelate in seguito al raggiungimento di un preciso punto di interesse e alla risoluzione di un semplice enigma ambientale. In questo modo sulla mappa compaiono i luoghi da esplorare e le posizioni rilevanti, tutti essenziali per l’avanzamento dell’avventura, in quanto è necessario ottenere un gran numero di oggetti per arrivare alle preziose gemme. Sconfiggendo i mini-boss sparsi per il mondo si raccolgono infatti gli ingranaggi indispensabili per attivare i portali del Cyber Spazio, che trasportano Sonic all’interno di stage dal gusto tipicamente arcade, con un feeling ludico e un aspetto estetico che strizzano l’occhio ai grandi titoli del passato.

Ogni livello mette a disposizione quattro chiavi, ottenibili portando a termine gli obbiettivi secondari, e solo collezionandone in grande quantità è finalmente possibile sbloccare le torri di contenimento e mettere le mani sui Chaos Emeralds. Questo svolgimento è peraltro puntellato da alcune conversazioni da tenere coi compagni intrappolati nel loro stato virtuale, ma prima di poter parlare con loro Sonic deve recuperare decine e decine di collezionabili sparsi per tutta la mappa, rimediabili completando i numerosi percorsi che hanno la duplice funzione di velocizzare il movimento nell’area e di rimpinguare l’open zone con una sana dose di platforming.

Nonostante la ricetta ludica faccia sfoggio di un potenziale innegabile, è nella parziale ripetitività che l’intero progetto vacilla leggermente, perché i cinque diversi mondi da esplorare sono caratterizzati da una progressione sostanzialmente identica, e le 15 ore necessarie a portare a termine la missione principale vengono trascorse seguendo un canovaccio del tutto simile a quello già visto nelle prime battute dell’avventura. D’altro canto, fortunatamente, la varietà delle azioni e dei minigiochi da completare non manca, alleviando così la ridondanza che accompagna il fluire dell’esperienza.

Tra piattaforme che garantiscono uno sprint immediato, palloni su cui rimbalzare e punti da raggiungere scattando a mezz’aria al momento giusto, durante le sezioni esplorative Sonic Frontiers dimostra di non voler assolutamente cancellare il proprio passato, perché cala un impasto ludico perfezionato nel tempo all’interno di un nuovo contesto che si dimostra disponibile ad accettarlo.

La manovrabilità del riccio in un ambiente che non solo è in tre dimensioni, ma per la prima volta anche liberamente esplorabile, viene celebrata da un gameplay estremamente semplice che utilizza soltanto tre tasti, in linea con la tradizione targata Sonic, che pretende l’immediatezza per le sue corse a velocità folli. All’interno di questo richiamo al passato c’è anche una telecamera che in alcune occasioni si defila e trasforma certe zone in un platform a due dimensioni, una scelta coerente con lo spirito della saga. La complessità di queste fasi aumenta di isola in isola, con un mondo finale che pretende dal giocatore riflessi e velocità di pensiero, ma in ogni caso non raggiunge mai alcun picco insormontabile di difficoltà e rimane fissa nella sua impostazione accessibile e poco punitiva. Sul fronte delle prestazioni vogliamo assicurare una fluidità granitica e la piena responsività dei movimenti, ma questo non vale per una specifica fase nella quarta isola che soffre di evidenti cali di frame rate, i quali rendono più difficoltosa l’esecuzione delle evoluzioni in velocità di Sonic. Nulla comunque che una patch non possa risolvere.

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Sonic sa anche difendersi

Nonostante la sua rapidità gli permetta di evitare qualsiasi nemico in un batter d’occhio, nell’ultima avventura l’eroe blu si trova costretto a menar le mani per salvare i propri amici dal mondo virtuale.

I combattimenti di Frontiers seguono la stessa linea filosofica che detta il gameplay esplorativo, con una semplicità che gioca a favore dello spettacolo, priva di qualsivoglia profondità tattica, che si manifesta all’interno di scontri veloci e poco impegnativi. Gli avversari comuni vengono spazzati via senza alcun patema, mentre ogni mini-boss che nasconde gli ingranaggi ha un preciso metodo per essere sconfitto, ma il parziale riciclo degli stessi anche nelle aree successive mostra il fianco a qualche ulteriore nota di ridondanza. Di ben altra natura sono le boss fight contro i titani di fine livello, che spingono in maniera ancora più decisa sul fattore scenico e danno vita a scontri ancora una volta semplici, ma ben coreografati e unici nel loro genere. Avere la meglio sui cattivoni garantisce a Sonic l’acquisizione di punti esperienza spendibili per acquistare nuove abilità, mentre raccogliere semi della potenza e della difesa permette di aumentare la forza dei colpi e diminuire i Ring persi a ogni danno subito.

Allo stesso modo, riportare i piccoli Koco (degli esserini sparsi tra le rovine delle isole) dal Koco Venerabile e i semi della potenza dal Koco Eremita ci permette di scegliere tra l’aumento della velocità massima del riccio oppure della quantità di Ring che possiamo portare con noi: il sistema di avanzamento appare dunque estremamente diretto ma ha di certo il pregio di essere amalgamato all’interno dell’esperienza esplorativa così come tutte le attività principali e secondarie del titolo. L’open zone imbastito da Sonic Team è infatti puntellato da sfide a tempo, mini-giochi ed enigmi ambientali, e ognuna di queste sezioni rimpolpa un’offerta contenutistica che – per quanto priva di particolare originalità – risulta omogenea e mai pretestuosa, nemmeno nel tempo trascorso con Big pescando pesci, chiavi e metodi per il trasporto veloce. Un piccolo consiglio: se volete approfondire la lore di Frontiers, non trascurate le fasi di pesca.

Le pecche sceniche e tecnologiche

La struttura “open-zone” potrebbe davvero rivelarsi l’avvenire di una serie che negli ultimi anni aveva perso parte della sua anima, alla ricerca costante di quell’ineffabile scintilla creativa che l’ha fatta diventare una delle IP videoludiche più redditizie di sempre.

Esattamente come aveva espresso Takashi Iizuka ai nostri microfoni, Sonic Frontiers è il passato, il presente e il futuro del riccio blu, perché riesce ad amalgamare quasi tutti i volti del brand all’interno di un’opera che è ambiziosa e al tempo stesso rispettosa delle proprie radici. Al coraggio avuto in sede di concettualizzazione non si è purtroppo affiancata una controparte tecnica adeguata, ed è nell’impianto visivo che il titolo SEGA arranca, indebolendo quanto di buono messo in atto dal gameplay. A cominciare dall’aspetto dei personaggi, fino ad arrivare alla modellazione dell’open zone, la realizzazione grafica di Sonic Frontiers lascia un po’ a desiderare. Le texture ridotte all’osso e la poca inventiva in fase di conformazione territoriale rendono ogni mondo piuttosto piatto, al netto di pochissime differenze che quasi mai impattano sull’esplorazione. Girovagare per le isole ci impone di fare attenzione ai trampolini e alle piattaforme che lanciano all’interno delle sequenze platform, ma l’ambiente attorno alle stesse assume un significato meno accattivante di quello che avremmo sperato. Alle pecche grafiche si coniugano purtroppo i tentennamenti di un engine che non riesce a gestire troppi oggetti sullo schermo, arrendendosi a vistosi fenomeni di pop in.

A volte, quantomeno su PlayStation 5 (la console su cui abbiamo recensito il gioco), intere strutture compaiono a una manciata di metri da Sonic quando pochi passi prima lo scenario sembrava sgombro, e questo in alcuni momenti impatta fortemente sulla piacevolezza dell’esplorazione. Parliamo di un difetto da non far passare sottogamba, perché possiede conseguenze concrete che indeboliscono un gameplay altrimenti ben oliato.

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Così come abbiamo sottolineato nei nostri precedenti incontri con il titolo, sono i livelli nel Cyber Spazio che spiccano per direzione artistica e resa visiva, con i loro colori sgargianti e la musica aggressiva, a dimostrazione del fatto che Sonic riesce ancora a garantire ore di divertimento soprattutto all’interno di una struttura lineare, all’insegna di un approccio squisitamente arcade.

Sonic Frontiers
Sonic FrontiersVersione Analizzata PlayStation 5A Sonic Frontiers non manca il coraggio di osare, inserendo una formula ben rodata dentro un ecosistema open zone che non è solo una cornice del gameplay, ma ne diventa parte integrante. Se la componente action punta tutto sulla spettacolarità e rinuncia a velleità di spessore, è invece pienamente riuscito l’amalgama tra i diversi mini-giochi, enigmi ambientali e stralci di una lore da scoprire, all’interno di un canovaccio ludico che appare omogeneo nonostante presti il fianco a una certa ripetitività di fondo. Al netto dei brevi livelli nel Cyber Spazio, che con il loro sapore arcade richiamano i vecchi stage tanto cari a Sonic, la realizzazione tecnica e artistica di quest’ultimo capitolo è purtroppo fiaccata da scenari poco ispirati, sui quali gravano i numerosi fenomeni di pop in che rendono a tratti poco limpida l’esplorazione. Ci troviamo dunque dinanzi a un titolo imperfetto eppure divertente, capace di mostrarci il potenziale volto del futuro del riccio.