Akiba’s Trip Hellbound & Debriefed Recensione: vampiri e cacciatori

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Akiba's Trip Hellbound & Debriefed Recensione: vampiri e cacciatori
akiba's trip hellbound & debriefed recensione: vampiri e cacciatori

Akiba’s Trip Hellbound & Debriefed arriva in Europa ma non riesce a convincere, presentandosi come un titolo mediocre e poco accattivante.

Akiba's Trip Hellbound & Debriefed Recensione: vampiri e cacciatori

Noto principalmente per le serie di Tenchu, Way of the Samurai e Shinobido, e in tempi più recenti per il contributo dato a Square Enix durante lo sviluppo di Octopath Traveler (per tutti i dettagli sul prodotto vi suggeriamo di spulciare la recensione di Octopath Traveler), lo studio nipponico Acquire sta festeggiando in questo periodo il decimo anniversario di AKIBA’S TRIP, una strampalata serie di action adventure in cui il giocatore era chiamato a strappare letteralmente di dosso i vestiti ai nemici incontrati per le strade di Akihabara. Lanciato originariamente nel 2011 su PSP e riproposto un anno più tardi in edizione “Plus”, il primo episodio del franchise non ha mai lasciato ufficialmente i confini del paese del Sol Levante, ragion per cui il pubblico occidentale ha potuto scorrazzare per il noto quartiere di Tokyo soltanto dopo l’uscita di AKIBA’S TRIP 2 (che nel nostro lato del globo è stato rinominato in AKIBA’S TRIP: Undead & Undressed) e AKIBA’S BEAT (qui trovate la nostra recensione di AKIBA’S BEAT).

Sebbene avessimo rinunciato da tempo immemore all’idea di colmare il buco in collezione, Acquire e Marvelous hanno approfittato della ricorrenza per celebrare la serie – e l’oltre mezzo milione di copie vendute – con una versione rimasterizzata del capostipite, che a questo giro ha assunto il nome di AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed. Incuriositi e affascinati dall’idea di poter riscoprire le origini del brand, ci siamo dunque fiondati sulla riedizione, ignari che ci saremmo ritrovati tra le mani un prodotto ancora più carente di quanto avessimo preventivato.

Vampiri e cacciatori nella Mecca degli Otaku

Autentico paradiso per gli appassionati di elettronica e anime giapponesi, la zona di Akihabara è famosa in tutto il mondo per la straordinaria concentrazione di negozi specializzati in cui è possibile trovare action figures, videogiochi, costumi per il cosplay e molto altro, senza dimenticare i caratteristici locali tematici come i maid cafe.

In quel luogo idilliaco, tuttavia, si cela una pericolosa minaccia: una razza di vampiri noti come Shadow Soul (o Kageyashi, se preferite il nome originale) si nasconde in mezzo alla gente comune e sta pian piano trasformando in reclusi tutti gli individui con un futuro promettente agli occhi della nazione. Per ordine della propria monarca, infatti, gli Shadow Soul iniettano nelle loro vittime un fluido che rende la pelle particolarmente sensibile alla luce del sole, invogliando i malcapitati a non uscire di casa e ad allontanarsi dalla società. Preoccupato per le sorti di un caro amico misteriosamente scomparso in seguito a una telefonata, nelle prime battute della campagna il protagonista si imbatte nel vampiro Yuu Abeno, il quale lo riduce in fin di vita come punizione per aver ficcato il naso in faccende che non lo riguardano. Ad un passo dalla fine, Nanashi (l’equivalente nipponico di Nameless) viene però salvato dalla graziosa Rui Fumitsuki, una Kageyashi pacifica e propensa alla coesistenza tra le razze, che ritrovandosi a corto di opzioni decide di far bere al ragazzo il proprio sangue e di trasformarlo in uno Shadow Soul.

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Con l’arrivo improvviso del NIRO, uno speciale corpo di polizia che dà la caccia agli esseri sovrannaturali, Rui è costretta a fuggire senza dare spiegazioni, mentre il nostro avatar viene preso in custodia e interrogato circa l’accaduto. Non potendo ritrasformarlo in un comune essere umano, il NIRO si dichiara intenzionato a sfruttare le strabilianti capacità acquisite da Nanashi per combattere il fuoco col fuoco, ragion per cui il ragazzo riceve un breve addestramento e viene arruolato nella battaglia segreta contro i Kageyashi.

Come spiegato dagli agenti Midou e Sejima, gli Shadow Soul possono girare durante le ore diurne solo se la maggior parte della loro pelle è coperta da vestiti, in caso contrario si dissolvono sotto la luce solare senza lasciare alcuna traccia. Il compito assegnato a Nanashi sarà dunque quello di setacciare le strade di Akihabara e lasciare letteralmente in mutande tutti i vampi incontrati, cercando al contempo di non farsi strappare di dosso i vestiti (eventualità che innesca un immediato game over).

Strampalata e incapace di prendersi sul serio, la trama di AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed è di una banalità disarmante, anche a causa della presenza di cliché, colpi di scena telefonati e personaggi stereotipati. Se alla storia scialba e incapace di appassionare l’utente sommiamo dei dialoghi estremamente prolissi, persino i più pazienti consumatori di visual novel potrebbero faticare a trovare delle valide ragioni per non abbandonare prematuramente il titolo e perseverare per le circa dieci ore necessarie per giungere ai titoli di coda.

L’unico vero pregio dell’impianto narrativo va ricercato nella possibilità di influenzare con le proprie scelte l’esito della vicenda, tant’è che il gioco include una serie di route e altrettanti finali diversi. Complice la longevità ridotta, il titolo vanta insomma un’ottima rigiocabilità, specie nel caso in cui il giocatore decida di percorrere ognuna delle varie route e di raccogliere tutti i collezionabili sparsi per Akihabara.

L’arte della svestizione

Se la storia lascia molto a desiderare, sul fronte ludico AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed non si comporta tanto meglio, e purtroppo tende ad annoiare e diventare ripetitivo già dopo un’oretta scarsa.

Come accennato poc’anzi, lo scopo del giocatore è quello di lasciare i nemici in biancheria intima, ragion per cui la ripetuta pressione di tre tasti frontali consente di danneggiare la parte superiore, centrale o inferiore del corpo dell’avversario: se ogni singolo attacco portato a segno riduce la resistenza del vestiario nemico, incrementando le probabilità che questo vada in pezzi, una pressione prolungata permette invece di sfilare via un indumento e di aggiungerlo alla propria collezione. Sfortunatamente il combat system non prevede tecniche speciali e le combo sono grossomodo tutte uguali, di conseguenza l’azione si traduce con button un mashing sfrenato e sporadici quick time event per nulla stimolanti. A peggiore le cose, durante la nostra prova ci siamo imbattuti in una curva di difficoltà tutt’altro che ragionata, con picchi vertiginosi e cali altrettanto repentini. Anche perché, dal momento che tutti gli NPC incontrati per le strade possono lanciarsi nella mischia, trasformando i vicoli di Akihabara in arene da combattimento, durante la battaglia con un vampiro capita troppo spesso che uno o due passanti umani vengano colpiti: quando questo succede, l’avatar si ritrova circondato e le probabilità di uscirne coi vestiti ancora addosso calano drasticamente.

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A tal proposito, va detto che le animazioni farraginose e le pose che Nanashi assume quando ripone o estrae l’arma equipaggiata giocano a sfavore dell’utente: mentre le prime limitano enormemente la velocità di movimento e soprattutto la precisione degli attacchi (non vi è infatti alcun lock-on e l’avatar tende frequentemente ad attaccare in una direzione diversa da quella desiderata), le seconde interrompono l’avanzamento e per di più offrono al nemico un bersaglio facile.

Come se non bastasse, un bug piuttosto frequente e fastidioso impedisce al personaggio di impugnare la sua arma e passare alla fase di lotta: quando questo succede, Nanashi rimane immobile per diversi secondi e solo dopo aver subito l’offensiva del nemico è possibile spostarlo o passare al contrattacco. Ciliegina sulla torta, i comandi sono affetti da tempi di risposta lentissimi, la schivata è molto imprecisa e la telecamera si incastra dietro le pareti, rendendo impossibile la corretta lettura dello schermo. Problematiche gravose, queste, che una remastered avrebbe dovuto risolvere almeno in parte, ma che oggi come allora penalizzano un gameplay per nulla articolato e invecchiato male.

Tra look e praticità

Mentre la crescita del personaggio non può essere minimamente alterata, tant’è che i suoi parametri di attacco e durabilità salgono in automatico con l’aumento di livello, il suo aspetto è quasi interamente modificabile.

Ad accezione del volto, che può essere cambiato solo con le skin del New Game+, l’avatar ha infatti la possibilità di indossare qualsiasi indumento soffiato al nemico o comunque acquistato nei tanti negozi che affollano le strade di Akibahabara. Non a caso, AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed presenta centinaia (se non migliaia) di armi e costumi differenti con cui personalizzare l’aspetto del personaggio e incrementare le sue statistiche: dai televisori ai megafoni, le improbabili armi aumentano l’offesa e alterano leggermente i pattern di attacco, mentre gli abiti e gli accessori si limitano a influenzare il look e la resistenza complessiva del vestiario utilizzato. La corretta selezione degli indumenti e il continuo rinnovo dell’equipaggiamento sono insomma essenziali per poter far fronte alla difficoltà “capricciosa” del titolo, peccato solo per l’assenza di una componente ruolistica pronunciata e di un articolato sistema di crafting (alcuni indumenti possono essere migliorati, ma i benefici sono davvero minimi).

Esiste quindi un motivo valido per avvicinarsi ad AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed? La risposta è “più o meno”. Se è vero che la versione qui proposta del quartiere di Akihabara è quella del 2011, e quindi risulta meno moderna, ampia e dettagliata di quella inclusa nel già più allettante AKIBA’S BEAT, gli appassionati di anime e manga da sempre attratti dalla “Città Elettrica” potrebbero comunque essere ammaliati dai caratteristici edifici dell’area e dai tanti mini-giochi disseminati qua e là.

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Dal cabinato picchiaduro all’UFO catcher, passando per il maid café e le gustose pietanze preparate da graziose donzelle in costume, Akihabara ha insomma conservato una parte del proprio fascino. È sul piano grafico che i paesaggi non convincono affatto, in quanto Acquire non ha effettuato alcun rimaneggiamento delle texture, ma si è limitata a elevare la risoluzione ai classici 1080p. Come risultato, queste appaiono molto spartane e vengono riciclate senza sosta, ragion per cui gli ambienti risultano troppo simili tra loro. Stesso discorso si applica ai modelli poligonali, dannatamente spigolosi, inespressivi e affetti da animazioni imbarazzanti.

In compenso, mentre su Nintendo Switch si registrano vistosi cali di frame rate nelle sequenze più concitante, sulle macchine Sony il gioco gira stabilmente a 60 fps, come ci si aspetterebbe da un prodotto tanto leggero e datato.

Passando al lato sonoro, l’accompagnamento musicale di AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed include persino qualche brano cantato (con tanto di video!), ma nel complesso svolge il proprio lavoro senza lode e senza infamia. Difficilmente le tracce della colonna sonora vi rimarranno impresse, se non quelle ripetute fino allo sfinimento. Nulla da eccepire sul doppiaggio originale giapponese, che grazie al coinvolgimento di artisti del calibro di Kakihara Tetsuya (Natsu Dragneel in Fairy Tail, Tenma in Saiya Seiya – The Lost Canvas, Simon in Tengen Toppa Gurren Lagann) presenta un livello di recitazione assai superiore se confrontato con quello anglofono. Buona, infine, la localizzazione dei testi in inglese, che abbiamo trovato scorrevole e priva di errori degni di menzione.

Akiba's Trip: Hellbound & Debriefed
Akiba’s Trip: Hellbound & DebriefedVersione Analizzata PlayStation 4L’idea alla base di AKIBA’S TRIP è sfiziosa e divertente, ma se nel 2011 il prodotto poteva funzionare pur con tutte le sue lacune e i limiti imposti dall’hardware di PSP, lo stesso non si può dire per la sua riedizione. Quella realizzata da Acquire è infatti una remastered solo di nome, non a caso il prodotto ha conservato tutti i suoi storici problemi tecnici, come ad esempio la cattiva gestione della telecamera, l’impreciso sistema di puntamento, i lentissimi tempi di risposta dei comandi, le animazioni farraginose, e così via. L’aver portato la risoluzione a 1080p e la fluidità garantita dai granitici 60 fps, quindi, non giustificano minimamente le gravose imperfezioni del titolo, che siamo convinti avrebbe meritato un remake completo e quantomeno l’implementazione delle meccaniche proposte qualche anno fa dal suo sequel. Se i fan della saga non potranno esimersi dall’accogliere in collezione anche AKIBA’S TRIP: Hellbound & Debriefed, gli altri farebbero meglio ad astenersi: ci saranno altre occasioni per strappare i vestiti ai nemici.